CAMMINO DI OROPA

CI SIAMO!

Finalmente un altro cammino. Sarà un percorso più breve rispetto ai più classici ma sarà pur sempre intenso! è il Cammino di Oropa: 68 chilometri tra strada asfaltata e sentieri selvaggi che da Santhià conducono fino al Santuario di Oropa. Un itinerario composto da 4 tappe ma che percorrerò zaino in spalla in soli due giorni.

PREPARAZIONE:

Giungo di venerdi sera tardi a Santhià, insieme a Tommaso e Alessandra, i miei due amici e compagni di camminata. Nel mio zaino tanta voglia di esplorare questa parte d’Italia tra storia e natura.

Siamo in tre ma per motivi organizzativi decidiamo di partire dalla provincia di MIlano con due automobili. Di certo non la soluzione ecologica migliore, ma ahimè l’opzione più percorribile. Vi spiego il perchè: dobbiamo salire con un auto fino al Santuario di Oropa lasciandola parcheggiata a pochi metri dal traguardo di fine cammino. Con la seconda auto invece scendiamo verso Santhià, punto d’inizio del nostro cammino. Facciamo tutto ciò in modo da avere un mezzo di ritorno immediato in caso di arrivo molto tardo sul traguardo di fine cammino. (Dopo un certo orario non ci sono più treni e bus per tornare a Santhià.)

PRIMO GIORNO:


La sveglia suona all’alba e dopo una ricca colazione siamo pronti per affrontare i primi 36 chilometri che da Santhià ci condurranno fino a Sala Biellese. Il viaggio inizia percorrendo un tratto di un altro famoso cammino, quello della Via Francigena. Famoso cammino medievale che conduceva i pellegrini da Canterbury fino a Roma. Per me e Tommaso una piacevole riscoperta dato che già avevamo percorso il tratto di cammino della Francigena qualche anno prima ma in sella alle nostre mountain bike (Ma quella era un‘altra storia e un altro meraviglioso viaggio!) Carichi di entusiasmo attraversiamo la pianeggiante campagna che passa lungo la Via Francigena.

La maggior parte del percorso è costituito da stradine asfaltate che si sporgono su campi coltivati. Incontriamo altri viaggiatori augurando loro un buon cammino! Dopo un grande tratto di pianura, intorno al ventesimo chilometro ha inizio una lenta e semi impegnativa salita. Mentre cammino mi godo il panorama dell’anfiteatro morenico di Ivrea, rilievo morenico di origine glaciale, e del lago di Viverone.  Arrivo a Roppolo, dominata da un maestoso castello che dalla fine del IX secolo svetta su tutto il territorio portando con se ricordi di numerosi generali e condottieri tra i quali Facino Cane, Tommaso Francesco di Savoia e Napoleone Bonaparte. Sono contornato da un paesaggio di bosco incantato che sale in direzione Oropa.

Giungiamo stanchi ma soddisfatti in un camping sulle colline a Sala Biellese. Ci aspetta una tenda sospesa da terra, con legate le sue stremità a tronchi di forti alberi. Dormiamo sotto un cielo di stelle e pioggia, in una tenda sospesa tra due alberi e la libertà.

SECONDO GIORNO:


Il secondo giorno è quello più tosto capace di farmi gioire e piangere nello stesso momento. Inizia l’immersione nella natura della Serra morenica e la salita più dura. Passo da istanti di entusiasmo ad attimi di sofferenza fisica capaci di farmi pensare, anche solo per un secondo, di fermarmi e mollare. Ma più mi arrampico verso Oropa più intravedo il traguardo e la motivazione.

Ci arrampiachiamo sulle Alpi Biellesi in direzione Donato. Giungiamo al Santuario di Graglia tra Piemonte e Valle d’Aosta. Il santuario mariano è uno dei più importanti del Piemonte. Lo zaino pesa come un macigno sulla mia schiena e per alleggerirlo devo riempire la mia mente di natura, di storia e autostima che acquisisco passo dopo passo in questo cammino. Meravigliosi casolari antichi, castagni, aceri, pini mi accompagnano in un bosco di emozioni, insieme a timidi volpi e ai grugniti dei cinghiali. La volontà e la curiosità mi fanno avanzare scacciando via la sofferenza e la fatica.  Si cammina tra le mulattiere lungo il fianco del Mombarone seguendo l’antico tracciato della Tranvia che tempi addietro univa Biella direttamente al Santuario di Oropa.

Dopo 68 chilometri in due giorni, io e i miei due compagni di viaggio giungiamo stremati al Santuario di Oropa. La soddisfazione e l’appagamento sono immensi. Immensi quanto il mito di Marco Pantani che qui su questa montagna nel 1999 ha scritto una pagina indimenticabile della storia del ciclismo e dello sport. Il mito lo si percepisce e si vede incontrando paline celebrative dell’impresa lungo i tornanti d’asfalto che titolano “Montagna Pantani“.

Camminando nei momenti di dolore e sofferenza ho pensato molto a lui, il pirata, che con la sua determinazione qui ha sconfitto la sfortuna, il salto di catena ai piedi dell’ultima salita, e ha saputo rimontare tutti scalando la montagna fino ad Oropa. Un esempio di forza di volontà che ho percepito sotto forma di energia mentre percorrevo la strada fino al mitico traguardo del Santuario. Quella fu un’impresa epica non di certo come la mia… ma nel mio piccolo, ora che sono qui vincente con le mani al cielo davanti al Santuario, mi sento svuotato delle mie forze fisiche ma possiedo uno zaino ancor più carico di conoscenza, interiorità ed emozioni.

Alessandro Cusinato

Diario di Viaggio Perù – MACHU PICCHU

17 agosto –   L’ombelico del mondo
Passo la mattinata a recuperare il sonno e le energie consumate per la montagna arcobaleno. Esco per un ultimo giro a Cuzco. Mi rattrista molto lasciare questa cittadina. I giorni passati qui mi hanno reso una persona nuova, la sua energia mi ha riempito l’anima. I colori di questo popolo hanno dipinto i miei pensieri di sorrisi e positività.
Gli occhi grandi di quelle donne con i loro bimbi a mo di zaino sulle loro schiene non li potrò scordare. Cosi come i volti rugosi degli uomini scolpiti dall’aria di montagna. I loro sorrisi genuini come le viette strette fatte di antichi ciottoli che sembrano muoversi e camminare inseme a me. La città mi sembra viva e come se fosse una persona a cui confidare senza timore i propri pensieri e le emozioni.
L’ombelico del mondo è qui.
Si, ora ne sono sempre più certo…

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18 agosto
MACHU PICCHU
Saluto Cuzco salendo su un piccolo bus che in un paio d’ore attraversando paesini dispersi sulle Ande, mi condurrà a Ollantaytambo.
Qui salirò sul treno dei treni “l’Inca rail ” che mi porterà a sua volta a Aguas Caliente cittadina ai piedi di Machu Picchu.
Il viaggio in treno Inca rail è uno dei più spettacolari che abbia mai fatto. Il percorso che attraverso è meraviglioso. il treno costeggia il fiume Urubamba e tutta la valle sacra Inca, terminando il suo viaggio all’inizio della selva amazzonica nel mezzo di montagne altissime ricoperte di vegetazione. L’Inca rail è dotato di un tetto panoramico adatto per far ammirare ai turisti la bellezza della foresta selvaggia che si arrampica sulle Ande. Girando lo sguardo fuori dal finestrino si rimane colpiti dalle rapide veloci del fiume Urubamba contenenti rocce imponenti che con la loro grandezza deviano il corso dell’acqua. Uno spettacolo naturale a cui assisto compiendo un viaggio nel viaggio. Insomma per me è il viaggio in treno più bello di sempre.

Arrivato a destinazione mi metto a cercare come un disperato l’albergo che mi ospiterà la notte prima di salire a Machu Picchu. Con la mappa in mano mi perdo in una cittadina finta, costruita soltanto per ospitare i turisti che si recheranno al sito archeologico Machu Picchu. Insomma non mi piace proprio! tante bancarelle con souvenir, alberghi e ristoranti e niente di più! Cè troppo business qui fatto per sfruttare l’immagine di Machu Picchu. Non sò se gli antichi Inca apprezzeranno dalle loro tombe tutto questo.
Mentre penso di essermi perso tra le viette, incontro per un puro caso del destino tre ragazze spagnole provenienti dai paesi Baschi. Iniziamo a parlare e viene fuori che anch’esse si sono perse e alloggiano nello stesso mio albergo. Cosi iniziamo insieme a cercarlo. Sono le 21,00 ed entriamo nell’albergo. Nel frattempo inizia a piovere.  Ci diamo appuntamento l’indomani mattina per salire insieme a Machu Picchu. l’appuntamento è prestissimo alle 3,30 pronti per affrontare la fila di gente che prenderà il bus per salire sul sito archeologico piu importante del Sudamerica.
Intanto continua a piovere sempre più insistentemente, saluto le ragazze, salgo in stanza e esco a cenare. Mangio un piatto tipico di questa zona: las truchas ( trota) buonissima!
La pioggia però scende sempre più forte e sembra non voler cessare. Torno in albergo ma non  chiudo occhio. Sono troppo emozionato. Sono le 22,00 e tra poche ore vedrò e realizzerò il sogno della mia vita : il Machu Picchu!
Non penso alla pioggia perchè sono convinto che domani mattina cesserà. Insomma non è possibile ! è tutta la vita che aspetto questo giorno e non può di certo piovere! cavolo!
Suona la sveglia sono le 3,00 fuori è buio e diluvia. Sono troppo agitato ed entusiasta. E’ arrivato ” IL GIORNO DEI GIORNI !! ” Scendo a far colazione e incontro le tre ragazze Spagnole e insieme ci rechiamo alla fermata del bus. Diluvia e compriamo degli impermeabili. Verso le 5,30 saliamo sul bus e finalmente alle 6,00 arriviamo all’entrata di Machu Pichu!!
Non stò più nella pelle ..
Il mio cuore smette di battere anzi no batte ancora più forte..
Entro e la pioggia che cade sul mio impermeabile rimbalza sul mio viso confondendosi con le mie lacrime. Un brivido freddo mi attraversa dalla testa fino ai piedi ma fermandosi prima dalle parti del cuore. Mi sento sollevato da terra ma incollato al sentiero che gli Inca costruirono. Piango e rido. Non riesco a smettere di girarmi intorno come un bambino felice.

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Non ci credo non può essere vero è tutta la vita che aspettavo questo giorno!
Cerco di mantenere la calma e respirando lentamente ascolto la guida che in spagnolo racconta a me e alle mie amice basche la storia di questa meraviglia del mondo.
Camminando lungo il sito vedo finalmente tutto quello che avevo letto e visto nei libri e nei documentari, attraverso i terrazzamenti, le abitazioni di pietra, i canalini costruiti per irrigare e assetare la popolazione. E’ enorme! più di quanto lo si possa immaginare e poi è cosi in alto tra le nuvole come se fossimo sospesi nell’aria.
Proprio una grande nuvola bianca all’improvviso attraversa il sito. Una fitta nebbia ci soccombe e insieme ad essa continua la pioggia.
” Oh nooo..” penso io.. ” non si vede più nulla..il peggiore dei giorni per venire qui..” mi rattristo e la guida lo nota rassicurandomi che verso le 10,00 si schiarirà.
Sono un pò nervoso, vorrei tanto scattare delle foto ricordo da portare con me per tutta la vita ma se questo tempaccio non cambierà tutto sarà inutile.  Cosi cerco di calmarmi e sorrido, sò che più tardi si schiarirà. Sò che gli Inca mi faranno questo regalo, sò che madre tierra Pachamama mi osserva e vuole che io sia felice.. sò che il dio sole Inti oltrepasserà quella nube e farà cessare la pioggia.
Verso le 10,30 il miracolo! cessa a pioggia e il sole bacia il luogo per me più bello al mondo! l’energia che percepivo fin poco prima ora si miltiplica. Le tre ragazze spagnole notano la mia allegria dicendomi ” Ale tu sei troppo emozionato sei la felicità in persona ! fai parte di questo luogo e di questa terra…”
Rido e poi ripiango ancora. Tocco le rocce, bacio la terra, penso al Condor al puma e al serpente. Agli Inca e alla natura.
Saliamo più sù nel punto dove si scatta la cosidetta foto classica e la vista della cittadella è la più totale. Tutt’intorno le Ande composte dalle quattro montagne sacre Inca, la foresta e molto più giù il sacro fiume Urubamba.
burst
Una vista sensazionale sognata per tutta la mia vita e fotografata con tutta la mia mente.
Proseguo il percorso all’interno del sito percorrendo prima il cammino del Sol e poi il più insidioso sentiero che conduce fino al Ponte Inca. Percorro sentieri stretti mozzafiato a picco sulla fitta foresta amazzonica. Uno spettacolo unico al mondo il trekking più bello si sempre.
verso le 14,00 usciamo dal sito. Osservo assopito per l’ultima volta quello che era sempre stato “il mio sogno”. Era, perchè ora l’ho realizzato.. Lo guardo bene gli parlo piango ancora sorrido. Un energia innaturale sembra attraversarmi il corpo, mi sento un uomo nuovo fiero di me stesso e positivo. Esco salutandolo con un bacio sulle pietre. Cosi facendo dò un bacio alla Pachamama (madre terra). Saluto gli Inca. Grazie !
All’uscita passo per il timbro di Machu Picchu sul passaporto. Altra gioia! bacio anche il timbro!

Ora è tempo di tornare a Aguas Caliente e scendo a piedi tra i sentieri della montagna accompagnato dalle tre mie amiche. In paese ci fermiamo a bere una birra per festeggiare iln grande giorno passato e per salutarci dato che le nostre strade qui si dividono: di li a poco loro prenderanno un bus che li farà proseguire viaggiando in Bolivia mentre io dovrò tornare verso Cuzco per poi andare a Puno.
Ho passato momenti indimenticabili con loro e mi prometto che un giorno andrò a Bilbao a trovarle.
La sera in albergo ripenso ancora alla giornata appena vissuta. Non riesco a capacitarmi ancora di essere stato a Machu Picchu! spengo la luce e sorrido ancora. Chiudo gli occhi e sogno.
Oggi è stato il giorno più bello della mia vita.

Diario di viaggio Perù- MONTAGNA ARCOBALENO

16 AGOSTO
Montagna arcobaleno (Apu Winicunca)
la sveglia suona alle 2,30 di notte. Sono teso ed emozionato perchè quest’oggi affronterò un’avventura molto particolare. Non da tutti. Superare i 5000 metri d’altitudine camminando per ore con pochissimo ossigeno.
Ho visto molti filmati riguardanti questa escursione e sò che non è facile affrontarla, ma la voglia di esplorare e superare me stesso è troppa.
Alle 3,30 passa la guida peruviana a prendermi e dopo una camminata per le vie dormienti di Cuzco, alle 4,00 salgo sul bus che mi condurrà lassù a quota di partenza di 4500 metri.
il viaggio in bus dura circa tre ore e le passo tutte dormendo. Meglio cosi perchè almeno non assisto alle manovre da pazzo che compie l’autista del bus sui sentieri a picco delle Ande.

 

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Verso le 7,00 arriviamo a destinazione. Scendo dal bus e il paesaggio che mi accoglie è uno dei più suggestivi al mondo. Un’ampia vallata di rocce di color giallognolo e marrone contornate dalle cime più alte delle Ande Sudamericane.  Al campo base domina un grande cartello verde con incisa la scritta “Welcome to mountain colours Apu Winicunca”

Fà molto freddo e subito vengo colto da giramenti di testa e mancanza di respiro, del resto siamo a 4500 metri e me lo aspettavo.
Noto che la stessa situazione stà capitando un pò a tutti. Siamo circa una sessantina di escursionisti di tutte le nazionalità : italiani, peruviani, cileni, brasiliani, argentini, americani, australiani, francesi ecc.. e quasi tutti siamo storditi da quest’aria rarefatta!
Le guide peruviane ci raggruppano in cerchio e da veri leader ci incoraggiano urlandoci contro tutta la loro carica.
Ma mi sento davvero scarico e non acclimatato a questa quota di altura. In effetti sono a Cuzco da soli due giorni e salire qui sopra cosi presto forse è stata una cazzata! era meglio aspettare ancora un giorno almeno, in modo che il mio corpo meglio abituato all’altura ne soffrisse meno la mancanza d’ossigeno. Questo è quello che mi passa per la testa… Ammetto che un pò di ansia mi era salita ma il mio carattere deciso e determinato mi fa calmare. Respiro o almeno ci provo parlo con il mio zaino dicendogli andrà tutto bene!
Entriamo in un tendone del campo base e facciamo una ricca colazione a base di cioccolata, pane, e sopratutto mate de coca.
Il cammino che ci porterà fino a quota di 5200 metri ad ammirare la terra colorata durerà circa tre ore. Cosi Finita la colazione decido insieme ad altri escursionisti di affrontare la prima parte del cammino con l’aiuto di un cavallo. Qui conosco Julia, una splendida ragazza francese anche lei in viaggio da sola.
Insieme cavalcando due cavalli percorriamo il primo tratto di salita. Il colpo d’occhio è bellissimo.

 

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Non sembra di essere sulla terra ma su un altro pianeta. Alte cime Andine probabilmente di 6000 metri ci sovrastano e sulle loro cime si intravede il bianco della neve. Un paesaggio lunare, colorato di malinconici colori giallastri mischiato al verde del muschio, ci ipnotizza. Il profumo dell’aria limpida e incontaminata si inebria dell’intenso odore delle erbe di montagna.
Intorno a me alcuni uomini andini mi seguono con lo sguardo accompagnandomi in caso di bisogno fin sù in cima. Vestono con abiti pesanti, maglioni di alpaca colorati e parlano il Quecha. I più anziani sorridono mettendo in evidenza le rughe, disegnate sui loro volti come fossero montagne scavate nella loro valle di esperienza.
Sono molto poveri è vero.. ma dentro di loro sono molto più ricchi di noi. Vivono in questo paesaggio lunare lontano da tutto e tutti. Vivono in casette di pietra o in tendoni ma quando la mattina aprono gli occhi non vedono lo stress di un sole spento e frettoloso, ma l’azzurro del cielo macchiato dal bianco limpido delle nuvole lente.
il profumo dell’aria fredda mi accompagna e il cielo è più azzurro che mai.. A causa dell’aria pura con poco ossigeno i colori sembrano più intensi più vivi. Branchi di Alpaca pascolano indisturbati liberi di fianco a noi.

 

E’ meraviglioso!
Mi giro ad osservare Julia e noto che anche lei come me si stà emozionando..
L’ultima parte del percorso è da affrontare senza cavallo. Gli ultimi 400 metri sono faticosissimi l’ossigeno è sempre meno e la testa comincia a farmi male. Temo possa accusare il “soroche” ovvero il mal d’altura come lo chiamano qui. Questo può portare a giramenti e mal di testa, mal di stomaco, vomito e persino edema polmonare. Ma sono molto determinato e cerco di non pensare al peggio delle ipotesi.
Piano piano giungiamo a quota 5000 metri! Resto incantato da cotanta bellezza ..
In meno di un attimo il mal di testa sembra passarmi, l’ossigeno di colpo ritornare e la fatica scomparire.
Davanti a me le montagne sono colorate!!!

 

Rimango sorpreso e con la bocca spalancata assaporo tutto l’arcobaleno che ricopre come una coperta la superfice fredda delle montagne.
Si passa da strati di verde al rosso, dal grigio al giallo, dal viola fino al blu.. Qui la natura si è davvero superata dipingendo ad alta quota il suo capolavoro usando un pennello colorato sulla tela insidiosa delle Ande.
Io e Julia scattiamo numerose foto, sia con la macchina fotografica ma sopratutto con la mente.
Saranno scatti che le nostre emozioni non dimenticheranno mai. Il vento soffia sempre più forte e il mal di testa sembra aumentare, ma i nostri corpi ipnotizzati dai meravigliosi colori non ne vogliono sapere di tornare.
Ci addentriamo ancor di più nel cuore della montagna seguendo un difficile sentiero ma ogni passo fatto è equivalente a farne dieci e il fiatone derivato dall’aria rarefatta sta per sfinirci. E’ un ambiente troppo tosto e restarci per troppo tempo può portarci a stare male.
Decidiamo di tornare indietro verso il campo base. Ci aspettano almeno altre due ore e mezzo di cammino in discesa ma pur sempre senza ossigeno.

 

La discesa a quest’altura può sembrare più facile da affrontare ma invece cosi non è.
Il mal di testa inizia a farmi soffrire e anche Julia accusa il colpo. Mastichiamo caramelle alla coca e con il loro aiuto continuiamo la discesa. Intorno a noi branchi di alpaca ci osservano in silenzio. alcuni di loro alzano il collo e fissandoci sembrano dirci ” Non fermatevi manca poco ce l’avete quasi fatta! “. Sono stupendi ci fermiamo qualche istante ad ammirarli.
Due ore più tardi giungiamo stremati al campo base. Pranziamo.
Parlo con Julia ed emozionata mi sussurra che viaggiare da soli è la cosa più bella del mondo, l’arricchimento interiore migliore e che l’esperienza di oggi l’ha memorizzata per sempre nella sua mente e nel suo cuore.
La guardo e sorrido. Penso anche io la stessa cosa. Le dico che sono felice di averla conosciuta. Lei mi risponde ” Lo sono anche io” . Questa montagna e questa ragazza mi hanno donato un qualcosa di magico. La cosa bella è che telepaticamente comunicavo con Julia in ogni singolo istante anche senza volerlo. Questo succedeva grazie a questo luogo incantato e a questi sentieri colorati che ispiravano nelle nostri menti le stesse identiche emozioni.

Diario di viaggio Perù – CUZCO e VALLE SAGRADO

14 agosto
– Verso l’ombelico del mondo – Cuzco
Sto volando verso Cuzco! non ci credo ancora.. Sono troppo emozionato. Tra poco più di un’ora sarò nell’ombelico del mondo..
Così era chiamato dagli Inca. Cuzco in lingua quechua significa proprio “centro” “ombelico”. Già perchè era la capitale dell’impero Inca, nonchè il “centro del mondo”.
L’ho ammirata centinaia di volte sui libri, nei documentari e ogni volta provavo un senso di attrazzione energetica incredibile. Proprio come mi succede osservando le foto e i video di Machu Picchu.
Ma per provare questo tipo di sensazione bisogna conoscere la sua storia. Una leggenda attribuisce la sua fondazione ad un essere leggendario chiamato Manco Capac, insieme a sua sorella e consorte Mama Ocllo, divenuto poi primo imperatore.
La leggenda inoltre dice che questo luogo fu rivelato da Inti (il dio sole). La mappa di Cusco antica ha la forma di un puma ( animale sacro) con la piazza centrale occupata dal petto dell’animale. La testa del puma sarebbe ubicata nella collina dove sta la fortezza di Sacsayhuamàn. La città è situata al centro della cordigliera ad un altitudine di 3400 metri. Era chiamata “centro” “ombelico” perchè secondo la mitologia Inca in essa confluiva il mondo degli inferi ( Uku Pacha) con il mondo visibile (Kay Pacha) ed il mondo superiore (Hanan Pacha). Un luogo mistico, magico carico di energia.

 

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– Atterraggio a Cuzco –
Appena l’aereo apre gli sportelloni vengo colpito da un forte un giramento di testa. Sento troppo la differenza di altura e incomincia a mancarmi l’aria. Faccio fatica a respirare ma sò che è una cosa normale per chi arriva qui. Mantengo la calma e mastico delle foglie di coca contenute in un cesto all’ingresso del piccolo aereoporto.
In albergo mi preparano subito del mate de coca. Una tisana ma con foglie di coca. Serve a far acclimatare l’organismo con l’altura. è buona, calda e devo dire che il suo effetto lo fà. Per tutta la mattinata rimango disorientato fisicamente ma poi pian piano inizio a respirare meglio.
Masticare foglie di coca e bere il mate è una tecnica naturale antica usata dagli Inca ma ancor prima dagli Aymara per sopravvivere a questa quota all’aria rarefatta delle Ande.
Nel pomeriggio esco con il mio zaino in esplorazione per le viette strette di Cuzco e me ne innamoro profondamente. Stradine srette, cielo azzurro, montagne che la circondano, colori dell’arcobaleno indossati dagli abitanti, muri di pietra antica, profumi di festa e tanta musica Andina.
Mi vengono incontro donne colorate con stretti sulle spalle come fossero zaini i propri bimbi, che vogliono vendermi braccialetti dipinti di vita quotidiana andina.

 

Mi muovo per le vie disorientato, un pò perchè non ho ancora superato il mal d’altura e un pò per la mia curiosità. Sono fortemente emozionato. Una sensazione mai provata prima per nesuna città del mondo..
La sera poi Cuzco si veste dei colori delle stelle e di luci regalate dalla Pachamama. (la madre terra)
Le stelle illuminano le stradine di ciottoli della vecchia capitale dell’impero Inca ed attuale capitale della cultura delle americhe.
Qui percepisco, dentro di me, un’incredibile energia,  mai provata prima.. Un richiamo, una voce, una musica proveniente dall’interno dell’ombelico e diretta nel mio io più profondo..
Mi sembra di essere un tuttuno con la città stessa. Mi sembra di essere parte di lei e lei di me. Sorrido, e persino gli oggetti mi sembrano aver vita propria. I sentieri mi parlano indicandomi dove devo andare. Impossibile smarrirsi perchè mi sento stretto mano nella mano da lei e mai lasciato solo. Percepisco una forza incredibile per affrontare questo viaggio e non solo.
Ora capisco perchè per gli Inca Cuzco era il centro dell’universo. Quest’oggi ho captato un’energia positiva incredibile, forse inumana, sovrannaturale che mi stà caricando dentro..
Questa sensazione la sto provando io ora, come un tempo la provavano loro.

 

15 agosto
– Valle sagrado-
Sono pronto per la prima escursione nella valle sacra degli Inca. E’ la valle del fiume Urubamba che attraversa le Ande vicino a Cuzco. Di buona mattina alle 8,00 salgo sul bus che mi porterà come da prima tappa alla cittadina Inca di Pisac. Sul bus stringo amicizia con un ragazzo brasiliano di nome Adhemar. Arrivato a Pisac rimango stregato dalla bellezza del sito archeologico.

 

Davanti ai miei occhi increduli appaiono una una serie di terrazzamenti antichi tipici della cultura Inca che a semicerchio scendono lungo la montagna. Intorno la vegetazione e un sentiero che ripercorre i passi fatti dai cittadini Inca per giungere alle loro abitazioni ancora esistenti situate un pò più in cima.
Seguo il sentiero rimaendo più volte incantato nell’osservare i mitici terrazzamenti. E’ la prima volta che li vedo dal vivo senza il filtro di una pagina di carta di un libro o dello schermo di una televisione. I terrazzamenti erano stati progettatti intelligentemente dagli Inca per poter praticare l’agricoltura su queste alte montagne. Coltivavano mais, patate ecc.. la dove sembra davvero impossibile..
Meravigliato faccio il giro del percorso spingendomi sempre più in alto giungendo davanti a vecchie rovine di abitazioni Inca. Qui conosco un secondo amico brasiliano anch’esso da solo di nome Diego. Con Adhemar e Diego nascerà una forte amicizia.
Come seconda tappa mi attende la magica cittadella di Ollantaytambo. E’ posta a circa 75 chilometri nord-est da Cuzco. Questa fortezza Inca il cui nome significa locanda di Ollantay (il nome di un guerriero) Fu una delle città dove Inca e spagnoli si sono batutti quando Manco Inca cercava di raggruppare la resistenza Inca dopo la disfatta di Cuzco.

Qui delle ripide scale si inerpicano sui terrazzamenti fino ad arrivare al cuore del tempio di cui restano solo le rovine.
Percorrendo i 250 gradini si ha la sensazione di tornare nel passato respirando l’odore della cultura Incaica. Ai piedi di questa fortezza si sviluppa una cittadina, stazione di partenza del treno, che porta ad Aguas Calientes, ultimo avamposto prima di salire a Machu Picchu.

Secondo viaggio sulla Via Francigena

Pronti! ripartiamo per la seconda tappa del nostro viaggio in mtb sula VIA FRANCIGENA. Esattamente dopo un anno, Io e Tommaso ci apprestiamo a ripercorrere i sentieri storici dell’antica via che nel medioevo univa Canterbury a Roma. Lo scorso anno partendo da Pavia tra pianure, colline, fiumi e monti eravamo giunti fino al mare più precisamente a Marina di Massa percorrendo ben 264 chilometri.
Quest’anno si è aggiunto anche Mauro, compagno biker pronto insieme a noi ad affrontare questa bellissima nuova avventura

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PRIMO GIORNO

Carichiamo le mtb in auto e scendiamo lungo l’autostrada poco più avanti del punto dove eravamo giunti lo scorso anno.
Una volta arrivati, ci mettiamo i caschi in testa e lo zaino in spalla e carichi come non mai saliamo in sella alle nostre “bimbe” ! Si parte! la seconda tappa della nostra Via Francigena sta per iniziare.
Come primo giorno, e data l’ora ormai tarda, quasi le 18,00, ci diamo come obbiettivo d’arrivo serale la città di Lucca.
L’entusiasmo iniziale non manca e la convinzione di passare un altro viaggio indimenticabile è alle stelle.
Passiamo Pietrasanta “la piccola Atene d’Italia” e dopo un breve tratto pianeggiante asfaltato entriamo a Camaiore e nell’antica Badia. La strada non è delle più belle della francigena. Ci si addentra in paesi tra case e strade statali. Qui il percorso pianeggiante finisce e dopo aver incrociato dei primi pellegrini che stanno compiendo il loro percorso a piedi, ci apprestiamo ad affrontare la prima salita impegnativa, quella che porta a Montemagno. Una volta entrati in paese ci fermiamo a rifiatare per qualche minuto. Guardando l’orologio ci accorgiamo che sono già le 20,30 e bisogna arrivare a Lucca prima che faccia buio. Un cartello ci ricorda che mancano ancora una ventina di chilometri. Ci affrettiamo a rimetterci in sella e dopo una bella discesa scendiamo nella valle del torrente Contesola e finalmente raggiungiamo Lucca a buio inoltrato. Qui non avendo prenotato in precedenza da nessuna parte, troviamo ospitalità presso un B&B gestito da Franco, un simpatico signore Romano. Dopo una bella doccia scendiamo in centro a Lucca per divorarci per cena pizza e una birra.

SECONDO GIORNO

Al nostro risveglio ci aspetta una grande colazione. Sappiamo che è il pasto più importante della giornata per ne aprofittiamo per abbuffarci di tutto ciò che il B&B dispone. Caffè, fette biscottate, miele, un pezzo di torta, un toast, succo e tanto altro.
Salutiamo Franco e da buon rito ci rechiamo in sella alle bici, nella piazza centrale di Lucca dove un turista ci scatta gentilmente una foto che ci ritrae tutti e tre insieme.
Partiamo abbastanza tranquilli perche mentalmente sappiamo che la tappa di questa mattina sarà quasi tutta pianeggiante e ci porterà fino a San Miniato. Una tappa mattiniera di quasi 50 chilometri.
Prima di uscire da Lucca però decidiamo di fermarci in una panetteria. Qui una simpatica panettiera di nome Laura ci dà delle dritte per seguire al meglio il percorso da fare e sopratutto ci prepara quello che sarà il nostro pranzo da consumare a San Miniato. Dei buonissimi panini.
Una volta usciti da Lucca miriamo dritti verso Altopascio. Iniziano degli saliscendi semiimpegnativie dopo aver superato anche Galleno giungiamo a Fucecchio. Una volta superato il fiume Arno ne percorriamo per un breve tratto l’argine e arriviamo a San Miniato.
Ma prima di arrivare verso il centro del paese ci imbattiamo in una piacevolissima sospresa|! Con nostro grande stupore notiamo lungo la strada un piccolo banchetto chiamato ” PICCOLO RISTORO DI VIA PARINI”. Si tratta di una semplice bancarella con delle sedie e tavolini. Sul tavolino vi è un’agenda da far firmare a tutti i pellegrini che a piedi o in bici si fermano per riposare. Vicino all’agenda però vi è la sorpresa più grande di tutte! una borsa frigo lasciata da qualche buon uomo contenente bottiglie di acqua fresca e della frutta! anguria e mele!! un oasi di refrigerio! Ringraziamo ancora le persone che curano tutto questo. Cosi rinfrescati risaliamo in sella alle nostre mtb e pedaliamo per un paio di chilometri verso il centro del paese.
Qui ci fermiamo per un paio d’ore a pranzare e fare una pennichella al riparo dal sole.
Verso le 15,30 decidiamo di ripartire sotto un sole abbastanza cocente. fa caldo e decidiamo di proseguire piano piano con obbiettivo di arrivivare alla meravigliosa San Giminiano entro sera e quindi con altri 40 chilometri da pedalare.
Dopo qualche chilometro entriamo a Castelfiorentino e appena ne usciamo inizia una salita impegnativa. Passiamo Chianni, e Gambassi terme e quando pensiamo che la salita sia finita eccone ricominciare un’altra ancora più tosta.. Ma per chi sale in cima a questa collina cè un premio molto prestigioso.. uno dei più ambiti e belli al mondo..
Come premio per il nostro sforzo, la storia medioevale ci regala uno dei suoi borghi più belli: SAN GIMINIANO. Per chi ci entra per la prima volta come me, l’emozione è pari solo a quella delle visioni in un museo di un quadro del Botticelli, o di Van Gogh. è un opera d’arte assoluta considerata dall’umanità uno dei borghi più belli al mondo.
Una volta dentro le mura della cittadina ci rechiamo da Evelin, un’arzilla signora di 89 anni che ci affitta una camera con tre letti direttamente ricavata da casa sua. Siamo stanchi la giornata di oggi ci ha fatto macinare in totale 98 chilometri che sommati ai 45 di ieri fanno 143.

TERZO GIORNO
Dopo aver salutato l’arzilla signora Evelin e aver fatto una ricca colazione usciamo dalle mura della splendida San Giminiano. Oggi il caldo sembra molto più forte e l’affaticamento dei 143 chilometri fatti i giorni precedenti incomncia a farsi sentire. Inoltre oggi ci attenderà una tappa abbastanza impegnativa, quasi tutta con saliscendi sterrati e tanta salita. Ma la tappa di oggi ci promette anche di farci attraversare luoghi meravigliosi con una vista da sogno. Le bellissime strade bianche delle colline Senesi.
Cosi dopo aver attraversato Poggibonsi ci immergiamo finalmente in un paesaggio da cartolina. l’ambiente incomincia a essere spoglio e privo di vegetazione. Il caldo si sposa perfettamente con il colore giallo dell’erba rinsecchita e quello più intenso dei campi di girasoli mischiandosi con il verde di qualche Cipresso. Il saliscendi della strada sterrata trasporta sotto le nostre gomme un terriccio bianco come il latte. Cosi bianco che sembra di essere in un dipinto. il caldo e la fatica sembrano scomparire davanti a quest’opera d’arte di madre natura. Ogni pedalata anzichè sfinirci ci ricarica alla vista di questo quadro. Impossibile non fermarsi per scattare qualche foto.
Questo era quello che cercavamo in questo viaggio.. La bellezza di questo posto non ha eguali al mondo. Meraviglioso!!!
Ma il nostro dipinto ancora non è terminato. Il pittore ha deciso di sosprenderci ancora di più e premiarci per tutta la fatica e lo sforzo fisico che stiamo compiendo. Infatti verso sera ci regala la sua ciliegina sulla torta. il suo colpo di pennello. Verso le 19,00 le nostre Mtb entrano trionfanti e stupite nella bellissima Siena..
Inutile spiegare con parole la bellezza di questa città. Basta osservarla per ritrovarsi catapultati in un mondo medioevale pieno di storia. le sue mura, alte torri, e piazza del campo sono solo dei dettagli che il pittore ha inserito in un contesto di colline, e paesaggi che si immortalano nella mente ogni volta che li si osserva e che si ripresentano la sera nei sogni ogni volta che chiudiamo gli occhi.

QUARTO GIORNO

La mattina facciamo colazione nella splendida piazza del campo di Siena. Siamo rimasti in due, io e Tommaso perche Mauro a causa di impegni di lavoro è stato costretto a rientrare.
Siamo molto carichi ma oggi si profila una giornata caldissima, forse la una delle più calde dell’anno. Del resto siamo alle porte di Agosto ma questo caldo sinceramente è molto anomalo.
Appena fuori le mura di Siena ci imbattiamo in un gruppo di giovanissimi Scout che entusiasti stanno affrontando come noi il viaggio verso la città eterna. Ci fermiamo con loro per scambiare qualche parola. Siamo circondati da un gruppo di ragazzi che con grande entusiasmo e sacrificio stanno affrontando il viaggio partendo dalla lontana Bergamo., e per lo più a piedi! complimenti ragazzi! Facciamo una foto e un video insieme a loro e li salutiamo portando con noi un pò del loro entusiasmo. Pochi chilometri dopo con nostro grande dispiacere salutiamo anche Siena ma ci addentriamo di nuovo in un quadro pittoresco naturale disegnato da strade bianche che attraversano una valle meraviglisa. Scendiamo e saliamo sulle colline infinite bagnate da una marea bianca di tericcio e circondata da erba secca e vigneti.
Infatti dopo aver superato la Val d’Arbia e Buonconvento ci addentriamo nelle splendide colline di Montalcino.
Fa molto caldo però, e nel pomeriggio ci fermiamo a riposare sotto una pianta nel pieno della valle. il sole non ci dà tregua ma è proprio grazie a lui che riesco a scattare una delle foto più belle di questo tour. i suoi raggi illuminano perfettamente i colori gialli della prateria d’erba secca ed esaltano il verde di qualche albero solitario di cipresso. lo scenario desertico accompagnato dall’innalzamento all’orizzonte delle colline ne completa la perfetta cornice. Questa foto la chiamerò Toscana !
Appena il caldo diminuisce risaliamo in sella alle nostre mtb e dopo una salita impegnativa la natura ci fá un ennesimo regalo: in lontananza cogliamo nel sottobosco un gruppetto di fagiani e vicini a loro un paio di esemplari di caprioli. Ci guardiamo entrambi sorpresi e incuriositi. Poi di colpo con un balzo selvaggio uno dei caprioli fugge tra l’erba secca e verde della collina portandosi con se anche il gruppo di fagiani. Che emozione !! .. Quindi arriviamo a San Quirico D’Orcia, l’ennesimo stupendo paesino medioevale sulle colline.
Le sue mura ci regalano l’ennesima entrata trionfale e un ostello un posto dove passare la notte. Ma per me e Tommaso quella sarebbe stata l’ultima notte di questo viaggio e così da veri avventurieri decidiamo di dormire fuori all’aperto sotto le stelle in mezzo alla splendida natura Toscana. La mattina dopo con sveglia alle 5,00 siamo pronti a ripartire ripercorrendo in bici altri 19 chilometri. Ma questa volta per andare in stazione e prendere un treno che ci riaccompagnerá a casa.
La fine di questa meravigliosa seconda tappa di viaggio sulla Via Francigena termina qui dopo circa 240 chilometri che sommati a quelli della prima tappa ne fanno ben 504 !
Sono stati quattro giorni indimenticabili trascorsi tra fatica, caldo e sete ma ripagati con la bellezza unica dei paesaggi toscani e delle cittadine medioevali che fanno invidia a tutto il mondo.
Per arrivare a Roma mancano altri 210 chilometri, e un terzo e ultimo viaggio già in programma, sancirá la fine del nostro grande percorso iniziato lo scorso anno a Pavia.
Evviva la Via Francigena!


ECCO IL VIDEO DEL CICLOVIAGGIO DAL MIO CANALE YOUTUBE:

Viaggo in MTB sulla Via Francigena.

Via Francigena – Pedalando in Viaggio dal 17-08-16 al 19-08-16
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E’ stata un avventura indimenticabile, programmata solo all’ultimo momento, Improvvisata. l’idea di affrontare questa meravigliosa sfida, era nata per caso durante una pedalata mattutina lungo la ciclabile del canale Villoresi, dove io e il mio compagno di avventura Tommaso ci apprestavamo a macinare chilometri con le nostre MTB.
Tra una pedalata, il forte caldo , uno sguardo alla strada sterrata e all’acqua del canale che scorreva al nostro fianco, immaginammo come due pazzi di pedalare fino al mare.
Le nostre MTB frenarono di colpo, quasi d’istinto .. Come a darci il loro ok. A quel punto, uno sguardo d’intesa tra me e Tommy misto a un pizzico di pazzia ci fece disegnare mentalmente l’itinerario da percorrere :
La storica VIA FRANCIGENA. Per chi non la conoscesse, è un antico sentiero Romano detto anche via Romea. Una via maestra percorsa da pellegrini che a piedi o in bicicletta da CANTERBURY in Inghilterra giungono fino a ROMA. Restammo affascinati dalla storia antica di questa strada e dal suo itinerario avventuroso. Un misto tra sterrati, asfalto, ponti, colline, boschi e fiumi. Insomma una cornice perfetta ripiena di tanta natura, il posto adatto per pedalarci dentro con le nostre MTB.
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Dopo aver studiato al meglio l’antico itinerario, optammo  per un viaggio di durata quattro giorni partendo da Pavia. Lo sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata, anzi… Si doveva attraversare ben tre regioni: Lombardia, Emilia Romagna e infine la spiaggia della lontana Toscana. Ma prima del mare, le nostre MTB dovranno attraversare diversi ostacoli: caldissime e afose pianure, entrare nel centro di alcune importanti città, arrampicarsi in strade sterrate di collina fino ad approdare fin sopra una montagna …
PARTENZA E PRIMO GIORNO DI VIAGGIO :
Carichiamo le nostre MTB in auto e verso le 9 del mattino giungiamo al Ponte Coperto di Pavia. Carichi e determinati puntiamo ad arrivare a Fiorenzuola entro sera.  Siamo Emozionati. Finalmente sta iniziando la nostra avventura !
Una volta in sella perdiamo un po’ di tempo cercando l’ingresso della  VIA FRANCIGENA. Domandiamo informazioni agli anziani del posto, ma molti di loro confusi ci indirizzano in luoghi sbagliati.  Notiamo con nostro grande stupore che qui  non tutti hanno un idea di quello che rappresenta questo antico e storico sentiero.
Finalmente notiamo un cartello, con incollato un adesivo bianco e blu e inciso un disegno di un pellegrino, simbolo inequivocabile dell’imbocco della via Francigena. Da qui in poi il nostro arduo compito era quello di pedalare tenendo sempre d’occhio quei piccoli adesivi. Il tutto per non perdere la strada del sentiero.

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Ci buttiamo in una ciclabile sterrata lungo il fiume Ticino e concentrati pedaliamo sempre più forte.
La tappa che ci porta fino a Orio Litta ci fa attraversare la pianura alluvionale del basso Pavese portandoci poi in strade sterrate all’argine maestro del fiume Po, fino all’attraversamento del fiume Lambro. Pedaliamo su Sterrati meravigliosi di sabbia e terra resi ancora più duri dal caldissimo sole di mezzogiorno. Ampi campi di granturco ci fanno compagnia per gran parte del viaggio.  Accaldati ci fermiamo a riposare finendo quasi tutte le nostre risorse d’acqua contenute nelle borracce. Ripartiamo quasi subito dando un occhiata al contachilometri. Sembravano molti di più ma in effetti avevamo perscorso solo 57 chilometri..Ne mancavano altri 50 per raggiungere il primo obbiettivo. Ipnotizzati dai paesaggi perfetti e rilassanti colorati dal verde degli alberi e dal giallo dell’erba rinsecchita, arriviamo a Orio Litta.
Passata la semi tappa di Orio Litta puntiamo dritti a Fiorenzuola.
Pedaliamo sotto un sole cocente lungo la campagna degli argini del Po. Qui l’odore dell’erba secca e del fieno ci entra prepotentemente nelle narici mischiandosi a quello del concime dei campi . In questo angolo di natura, l’agricoltura è tutto ..Più volte incrociamo decine di contadini che coi loro trattori arano campi. L’alta temperatura ci costringe più volte a fare delle piccole soste all’ombra, rientrando nel sottobosco del Fiume Po. Proseguiamo, costeggiamo diversi canalini d’irrigazzione  ..Beh ..Non vi dico che voglia avevamo di tuffarci dentro !
Finalmente la via Frangigena decide di lasciare il caldo atroce delle campagne Emiliane tuffandosi in una non molto più fresca, città di Piacenza. Con Le nostre MTB attraversiamo il centro città ammirando le bellezze architettoniche della bella cittadina Emiliana.Qui Incrociamo un primo pellegrino e lo salutiamo con la mano.
Dopo un breve tratto sulla Via Emilia arriviamo a Pontenure ,poi attraversiamo le campagne Piacentine fino al suggestivo Castello di Paderna . Di li a poco giungiamo stanchi ma soddisfatti a Fiorenzuola.
Concludiamo la giornata dopo aver percorso ben 107 chilometri.
SECONDO GIORNO DI VIAGGIO:
La mattina ci risvegliamo con le gambe un bel pò affaticate. Del resto i chilometri del giorno prima si fanno sentire . Ma siamo ancora più carichi, pieni di voglia e entusiasmo. Una sana e abbondante colazione è quello che ci vuole per affrontare un’altra dura e avvincente tappa.
Studiando l’itinerario che deve condurci fino a Cassio ( piccolo paesino di montagna sito a un altitudine di 850 metri ) ci rendiamo conto quanto sarà dura oggi.  Godremo degli ultimi chilometri di pianura ,per poi salire piano piano sulle colline Parmensi, fino al mitico Passo Della Cisa.
Mentalmente preparati ,carichiamo i nostri zaini sulle spalle e montiamo sulle nostre MTB. Il tempo è buono, cè il sole e sembra far meno caldo di ieri . Lasciamo il piccolo hotel e partiamo.  Il primo tratto ,di circa trenta chilometri,  lo facciamo ad occhi chiusi ,riaprendoli solo per ammirare due storici edifici religiosi : L’Abbazzia Cistercense di Chiaravalle della Colombia e il Duomo di Fidenza .
La nostra pedalata viene interrotta dall’incontro emozionante con un pellegrino ! è un ragazzo di Milano che partito da Piacenza sta camminando lungo la via Francigena a piedi fino a Roma ! Emozionati e rispettosi lo salutiamo scattando un prezioso selfie insieme a lui ! Gli auguriamo un buon cammino e proseguiamo per la nostra strada.
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Alcuni chilometri dopo ci accorgiamo che il paesaggio sta incredibilmente cambiando . Con nostro meraviglioso stupore iniziamo a lasciare i centri abitati e a salire , immergendoci in un paesaggio collinare da cartolina . I primi chilometri di salita sanno di un entusiasmante fatica . Una fatica che scompare ogni volta che si volta la testa a destra o a sinistra . Una fatica che ammira le vallate collinari Parmensi , e che poi scompare mentre si respira il profumo dei campi e dei boschi .
Qui la natura inizia a rapirci ,ipnotizzando noi e le nostre MTB , che curiose chiedono solo di continuare a salire per poter scoprire e ammirare nuovi paesaggi .
L’entusiasmo e la curiosità ci portano a pedalare fino allo stremo delle nostre forze . Nel frattempo il caldissimo sole d’agosto ,ci pugnala alle spalle ,costringendoci a terminare tutte le nostre riserve d’acqua . Abbiamo anche fame , del resto è mezzogiorno passato . Siamo cosi costretti a cercare delle fontanelle d’acqua potabile e quindi un posto ombreggiato per poter consumare una piccola siesta . Pedaliamo per altri dieci chilometri . Fino ad ora ne abbiamo percorsi più di cinquanta con la difficoltà aggiuntiva delle salite e del forte caldo. Ma niente , non troviamo da bere . Ma siamo davvero stanchi e affamati , cosi ci fermiamo a mangiare e riposare sotto un vecchio casolare abbandonato. Un oretta dopo ripartiamo . Fortunatamente un contadino ci tranquillizza dicendoci che qualche chilometro più avanti vicino a una chiesetta cè una fontana dove sgorga acqua potabile . La nostra voglia d’acqua è più forte di qualunque cosa . Arriviamo alla fontana pensando “Siamo salvi” !!  Ci buttiamo sotto ,facendoci un autentica doccia . Riempiamo le borracce e ripartiamo salendo sempre più su .. Attraversiamo posti bellissimi , entriamo in piccoli paesi collinari abitati da pochissime persone.
Verso le 18,30 e dopo 85 chilometri arriviamo a Berceto. Stanchi rallentiamo , credendo di avercela fatta per oggi .
Ma l’obbiettivo è di arrivare lassù a.. Dove la temperatura era un più bassa e qualche nuvola carica di pioggia la sorvolava … il passo della Cisa .
Così Chiediamo a un anziano quanto ci vuole ad arrivare a Cassio . Li ,un ostello ci avrebbe dato da dormire la notte .
L’anziano ci risponde in uno strano dialetto Emiliano , concludendo “Per Cassio,  dovete salire per 10 chilometri tutti in salita !”
Io e Tommaso ,guardandoci nel profondo delle nostre pupille , sospiriamo ,emettendo insieme uno strano verso : ehhhhh????  Stremati dalla fatica cerchiamo di capire la cosa migliore da fare : O restare ai piedi del monte e passare la notte in qualche albergo oppure salire sulle nostre selle e arrampicarci lassù in alto cercando di arrivare prima che cali il buio . Nel frattempo una leggera pioggerella cade sui nostri caschi rinfrescandoci le idee.
Basta uno sguardo sulla vallata che ci circonda , e un respiro profondo di rugiada e ago di pino per farci rientusiamare di nuovo ! anzi a dire il vero l’entusiasmo non ci è mai passato. In meno di un minuto decidiamo di salire !  La nostra determinazione è troppa e la voglia di arrivare su in cima e vedere nuovi emozionanti angoli di natura incontaminata è troppo forte . Non si può resistere al richiamo dei monti , anche se si è stanchi . La forza la si ritrova strada facendo tra un tornante e l’altro , tra i cespugli e alti alberi di Faggio.
Salendo ci rendiamo conto di quanto sia faticoso. Sulle gambe abbiamo i 100 chilometri di ieri e i 85 appena fatti di oggi oltre una leggera pioggia che batte sulle nostre facce e la ripidità della strada.
La stanchezza ci porta a fare tratti di salita in sella alle MTB con marcia super leggera e tratti a piedi spingendo le nostre bici con la forza delle braccia . Intorno a noi un bosco meravigliso , che ci rinfresca dal forte caldo d’agosto . Poi campi e qualche casa abitata di alcuni piccoli paesini . A circa metà strada poi la nostra fatica viene ripagata da un avvistamento meraviglioso . Un Capriolo bruca dell’erba solitario in uno spiazzo di vegetazione che taglia a metà il folto bosco .
il profumo di more e frutti di bosco ci fa assaporare ancora meglio questo splendido momento. Ma il rumore della ruota della mtb di Tommaso cattura la sua attenzione , e con un paio di piccoli salti , il Capriolo fugge al sicuro nel sottobosco.
L’avvistamento  anche se durato poco ,ci emoziona , e involontariamente ci dona ancora più forza per salire .
Verso le 20,30 , proprio quando il buio sta per incombere, arriviamo stremati a Cassio . Altitudine di circa 800 metri . Ci rechiamo immediatemente nell’ostello dove incontriamo tra gli altri , anche due ragazzi Bergamaschi che come noi in sella alle loro MTB , stanno affrontando lo stesso percorso per un viaggio che deve portarli fino a Roma .
TERZO GIORNO DI VIAGGIO .. PASSO DELLA CISA E ARRIVO AL MARE .
La mattina partiamo di buon orario . Abbiamo da affrontare gli ultimissimi chilometri di salita fino al Passo della Cisa per poi finalmente goderci la strada quasi interamente in discesa , sconfinando lungo la Toscana dritti fino al mare .
Dopo aver indossato i nostri kiwei , utili per riparaci dalle fresche temperature del Passo della Cisa , partiamo a testa bassa ma con i manubri che puntano verso l’alto . Alto, perché immediata la strada risale , inghiottendoci di nuovo nell’incubo piacevole della fatica fatta durante la salita di ieri .
La strada però dopo un oretta circa sembra sorriderci . Infatti davanti a noi come un premio o una medaglia, vediamo apparire prepotente il cartello di colore blu con inciso la scritta  PASSO DELLA CISA .
I nostri cuori sembrano battere più forte . L’emozione di essere arrivati fin lassù a 1040 metri d’altitudine dopo tre giorni di duro viaggio è qualcosa di Inspiegabile.  Una soddisfazione unica che fino a qualche tempo prima per noi era impensabile . Ci abbraciamo  voltandoci, guardando bene cosa cè intorno a noi e decidiamo di fermare un passante chiedendogli di scattarci una foto .  Il momento è di quelli unici, da ricordare per sempre . I nostri occhi e le nostre gambe ci ricordano che siamo arrivati quassù esclusivamente con la nostra forza fisica e d’animo . Con la passione che ha fatto volare fino a qui noi sulle nostre fedeli compagne a due ruote .
Ci fermiamo qualche minuto , chiudendo gli occhi e assaporando la gloria . Respirando l’aria pura e pulita della montagna . Ma poi ad un tratto torniamo coi piedi per terra , ricordando alle nostre menti , che nonostante il traguardo della Cisa appena raggiunto, non avevamo ancora fatto niente. Ancora nessuna impresa . La vera impresa era quella di arrivare giù al mare . Solo allora potevamo ritenerci vincitori .
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Cosi determinati, rimontiamo sulle nostre selle, gettandoci a capofitto nei venti chilometri di discesa , volando veloci a quasi 60 chilometri allora … I freni si surriscaldano mentre percorriamo la discesa che deve portaci dritti ( con decine di tornanti) in Toscana ad Aulla .
La discesa è un secondo premio , dopo l’arrivo al Passo della Cisa, per la tanta fatica e la sofferenza subita sotto il caldo sole Pavese d’inizio viaggio e il difficile percorso Emiliano concluso salendo sugli afosi colli Parmensi giungendo fino alla stessa Cisa.
Da Aulla fino al mare mancano solo una sessantina di chilometri . Chilometri che ci mangiamo ,aggredendo l’asfalto e gli sterrati della Francigena come fossimo un fiume in piena carico di entusiamo e gioia anziché di detriti e distruzione da far sfociare nel mare .
Verso le 18,00 dopo ben 264 chilometri e tre giorni pieni di viaggio , le ruote delle nostre MTB toccano la spiaggia del mare !
Cè l’avevamo fatta ! L’obbiettivo era stato raggiunto !Avevamo conquistato   Marina di Massa !
Ancora adesso ,io e Tommaso ,ricordiamo quel momento con grande emozione . La nostra sfida era stata vinta , e non solo sotto il profilo fisico e sportivo ma anche e soprattutto sotto quello mentale .
Ci scambiammo un abbraccio ancora più forte di quello sulla Cisa , continuando a ripeterci le parole ” siamo arrivati al mare “.
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Già , perché il ” SIAMO” è stato fondamentale per aiutarci ad affrontare tutto il viaggio . La nostra determinazione poteva essere nulla se non condivisa in due . Un piccolo ma grande lavoro di squadra che ci ha sollecitato a non mollare nei momenti più duri e a prendere decisioni consultandoci a vicenda ( come la decisione di che strada imboccare in un momento di smarrimento di strada in mezzo a un bosco ) senza incombere in decisioni affrettate.
Appoggiamo le nostre bici al muretto che delimita la spaggia e da veri Biker indossiamo le maglie celebrative della nostra vittoria . Sono magliette di colore blu con la scritta fatta a pennarello : ” VIA FRANCIGENA 2016  PAVIA -MARINA DI MASSA 264 KM “
Soddisfatti ci facciamo scattare una foto .
Poi come dei bambini , ci spogliamo correndo verso il mare .
Per tutta questa impresa però cè da ringraziare le due vere protagoniste : Le nostre MTB . Senza di loro nulla di tutto questo sarebbe accaduto . Nessun sentiero , nessun fiume , nessuno stagno , nessun campo , nessun bosco , nessun mare sarebbe entrato fin dentro nelle nostre pupille . Nessun insetto , nessun animale , nessuna pianta e nessuna persona incontrata sarebbe entrata dentro nel nostro cuore .  Infine il grazie più grande va a lei : Madre natura .  Io e Tommaso dobbiamo ringraziarti per lo spettacolo che ci hai regalato durante il viaggio e per la fatica sui pedali che ci hai concesso per poter assistere al tuo meraviglioso vivere .
A presto Natura ..Noi non vediamo l’ora di riaffrontarti ,in una nuova avvincente avventura .
Alessandro Cusinato

Sapore misterioso

Sei davvero intrigante..
Ti guardo, e la luce soffusa di questo locale, riflette sul bicchiere pieno di vino tutto il tuo fascino. Le tue femminili movenze mi fanno inebriare. Vorrei tanto poter fare un sorso mentre ti osservo mangiandoti con gli occhi.

Mi guardi, e dalle tue labbra fuoriescono gocce dolci di parole fruttate che a piccoli sorsi inizio a bere.
Sarà, che quel tuo profumo delicato e gradevole mi sta facendo tanto ingolosire, e mi sta ipnotizzando riempiendomi sempre di più il mio bicchiere. Ma tu scaltra, mi lasci delicatamente poggiarci sopra le labbra, lasciandomi però poi a bocca asciutta.

Ma…allora perché non hai tolto subito dalle mie mani il tuo rosso calice? Oh povero me ..resterò con l’acquolina in bocca.
La bottiglia è quasi finita. Ci resta solo un ultimo gustoso sorso da assaporare insieme. I nostri calici si toccano, unendosi in un brindisi.

Il sapore del tuo vino rimane per me ancora un mistero.
Resto ad osservare assopito, il meraviglioso involucro che lo contiene.

Sei una bottiglia pregiata. E..non sei ancora da aprire.. beh..Meglio così..
Ora preferisco conservare nella cantina della mia mente la tua bellissima etichetta per poi berti fino all’ultima goccia , assaporandoti nell’occasione più speciale.

Alessandro Cusinato

IL TRENO PASSA UNA VOLTA SOLA…

E pensare che una volta su quel treno c’ero anche salito. Quel giorno passeggiavo per le vie tentatrici del mio destino tra cuori strappati e felici anime libere. La mia strada non era mai in salita, nemmeno alla fine di una ripida discesa. Ero colorato come un fiore in primavera nonostante fosse un giorno freddo d’inizio autunno. Proseguivo sempre diritto con il mio sorriso stampato sulla fronte. Non c’era nessuno che poteva impedirmi di voltare dove volevo. Camminavo a zig zag, saltellavo e ogni tanto correvo. Ero libero! ..Ma poi non so come, sbagliai strada e all’improvviso mi ritrovai all’interno di una piccola stazione. Sentivo Il rumore della macchinetta che obliterava i biglietti mescolarsi alla voce dell’annunciatore che fuoriusciva dagli autoparlanti. Dei bambini giocavano con le valige dei loro genitori e una donna piangeva perché il suo uomo era appena partito. Non avevo nulla con me. Nessun bagaglio ne tantomeno la voglia di partire. Sinceramente non sapevo nemmeno perché fossi li. Ma inaspettatamente da lontano, vidi il convoglio arrivare. Le lancette del grande orologio in quel momento si fermarono. Il treno arrivò in perfetto orario, puntuale nel binario più importante della mia vita. Le sue porte si aprirono e i passeggeri scesero.  Notai con mio grande stupore che nessun’altro ci risalì. Mi domandai: perché nessuno sale ? Ero confuso ma mi risposi pensando che forse ero al capolinea di una rete ferroviaria nuova, o forse quello era un treno guasto che doveva stare fermo per poter essere riparato. Poi una luce illuminò le rotaie e la mia anima. Ero accecato e non riuscivo a vedere più niente. Niente tranne lei. Era lì, vicinissima al vagone e mi parlava attraverso i suoi dolci occhi mori e profondi. Alzai lo sguardo più su, ammirando i suoi capelli lisci e neri avvolti in un affascinante coda. Che era dolce lo riuscí a capire senza assaggiarla. Sembrava una caramellina di zucchero in mezzo a una montagna di sale. Sentivo che potevo fidarmi di lei e per un istante restai  fermo a respirare quella nuova ventata di emozioni. Profumava  di lamponi selvatici e more dolci. Poi Sorrise conquistandomi. C’era qualcosa in quella passeggera che mi attirava profondamente. Senza dire più nulla mi afferrò la mano e occhi negli occhi salimmo su quel treno. Le porte si chiusero e il viaggio iniziò.  Attraversammo col sole splendente i luoghi più belli  e con la pioggia e il vento  quelli più tristi. Fù un viaggio indimenticabile uno dei più belli della mia vita. Stavamo bene insieme su quel treno. Ma ogni tanto mi mancavano le mie passeggiate solitarie per i sentieri imprevedibili del mio destino e la tentazione di scendere da quel convoglio mi assaliva. Fino a quando lei se ne accorse. Mi vedeva cambiato e non si fidava più di me. Così un giorno tirò il freno d’emergenza facendo fermare il treno in mezzo al nulla. Piangendo mi fece scendere ordinandomi di uscire per sempre dal viaggio meraviglioso che stavo compiendo all’interno del suo cuore. La guardai confuso. Ero triste e soffrivo. Ma lei aveva deciso. Entrai nei suoi pensieri capendo che del resto non aveva tutti i torti e che quella situazione me l’ero un pò cercata. Rimasi incollato ai suoi occhi mentre sentivo il treno ripartire. La vidi lentamente andare via ma in quel momento esatto capii perfettamente cosa volevo. Lei . Ma era troppo tardi.  Corsi più veloce che potevo dietro al vagone che rapidamente scappava via. Urlai forte  ” fermate il treno! ”
Ma niente e più nessuno più mi sentiva. Lei non mi sentiva più e il mio treno se ne andò . Restai solo e vuoto.
Ero disperso nel nulla della mia vita. Per giorni tentai di ritrovarla. A piedi cercai di ritornare nella stazione da dove eravamo partiti insieme , sperando che un giorno quel treno sarebbe ripassato dandomi una seconda possibilità. Ma niente. Camminai per chilometri e giorni ma quella stazione non la ritrovai mai più, sembrava svanita nel nulla.
Passano gli anni, ma ogni tanto mi fermo a guardare il mare, e le sue nuvole bianche che sfiorano l’orizzonte azzurro, mi fanno ripensare spesso a quel lungo viaggio immaginando di essere ancora lì nel vagone con lei viaggiando insieme fino alla fine della nostra vita. Ma poi sorrido ripensando a tutte le altre cose belle che mi sono accadute dopo. Ora viaggio libero cambiando i vagoni e scegliendo nuove destinazioni, scoprendo posti nuovi meravigliosi. Sono felice e non posso chiedere altro, ma nel profondo del mio cuore il viaggio trascorso con lei su quel treno non potrò dimenticarlo mai.

Alessandro Cusinato

QUELLA NOTTE DI PARIGI

#QUELLA NOTTE DI PARIGI..

Sono a Parigi . Apro un libro e inizio a leggere una breve favola : “C’era una volta una serata qualunque in una città spensierata . Ma Poi all’improvviso tanti colpi generati da un infame odio, spensero per sempre la vita di centinaia di giovani ragazzi .” Con un groppo al cuore Lo richiudo. Cerco di trovare un un lieto fine anche se so che non esiste. Cerco di capire il perché . Mi sento triste e ripongo il libro . Piango.  Non voglio mai più rileggere questa maledetta favola.

Alessandro Cusinato