VI RACCONTO IL MIO TICINO

Quando mi smarrisco, sento il bisogno di percorrere il sentiero che mi riporta qui da te. Le rane, le foglie, lo scorrere dell’acqua e il silenzio. Qui posso parlare con tutto e non essere sentito da nessuno. Qui posso ascoltare tutto senza essere disturbato da niente. Tu mi doni sempre quello che mi occorre: la pace, l’armonia, la storia e la natura. Torno sempre qui da te perchè, quando sono nei tuoi boschi, mi sento a casa mia.

Ti amo mio Ticino.

Ho voluto iniziare con la mia personale dichiarazione d’amore all’anima del fiume e ora vi racconterò qualche aneddoto della sua affascinante storia.

A due passi dalla grande metropoli milanese c’è un mondo colmo di silenzi, colori e armonia dove un un’escursione a piedi o in mountain bike ti può far vagare senza pensieri e senza una meta ben definita per ore ed ore. Un luogo pieno di biodiversità e di animo wild. Non è la foresta amazzonica, la giungla del Borneo o il selvaggio West ma è comunque il luogo adatto per raccontarvi una bella storia di natura e avventura. Ma prima devo tornare un attimo più indietro, anzi più che indietro verso nord, più precisamente in Svizzera nelle Alpi Leopontine. Qui da due diverse sorgenti, la principale sul Passo della Novena e la secondaria sul San Gottardo, nasce un fiume che per 248 chilometri attraverserà la stessa Svizzera e parte dell’italia settentrionale fino a sfociare nel grande fiume Po. Sto parlando del fiume Ticino.

In antichtà chiamato Ticinus dai Latini, che gli diedero questo nome per via del Canton Ticino sua zona di nascita. La sua vita inizia lassù in alto nelle due sorgenti dove Le prime gocce d’acqua si tuffano a capofitto verso una lunga discesa di sassi e minerali. Ad Airolo le gocce si bagnano l’una con l’altra diventando un piccolo fiume che dopo aver attraversato la Laventina sorpassa la valle Riviera, Bellinzona e il piano di Magadino per poi sfociare nel lago Maggiore. A Sesto Calende esce dalla calma apparente del lago per tornare veloce e irruente lungo il territorio italiano nel Parco del Ticino, vera oasi di natura incontaminata. Qui forte e impetuoso alimenta grandi canali come il Naviglio Grande che porterà l’acqua del grande fiume fino al centro di Milano. Ma noi restiamo qui, nella valle verde e selvaggia dove il fiume, con la sua presenza crea un ecosistema biologico ricco di biodiversità. Costituirà il grande polmone ecologico della Lombardia. Una piccola giungla amazzonica lombarda. La sua corsa continua a sud di Pavia (antica Ticinium) confluendo le sue acque nel fiume Po, del quale ne è il principale affluente. Ora vi porterò proprio all’interno del grande polmone lombardo, un paradiso per ogni escursionista o cowboy avventuriero. Qui sentieri sterrati penetrando per centinaia di chilometri all’interno della fitta giungla paludosa del parco si tuffano al contrario gettandosi dal blu dell’acqua del fiume giungendo alle numerose risaie arrampicandosi fino al verde della boscaglia.

Proprio il posto ideale per bel un trekking zaino in spalla, per un’immersione in apnea sopra la sella di una mountain bike o un impennata tra lo scorrere della corrente in Kayak! In sella o a piedi si possono attraversare piccoli borghi di casolari e fattorie, ambientate in un meraviglioso territorio di campagna in stile western americano. In canoa o Kayak si possono scoprire rapide vertiginose, capaci di condurti in luoghi incontaminati da non fare nessuna invidia ai selvaggi fiumi canadesi o dell’Alaska. I percorsi si snodano su sentieri boschivi fluviali che incantano il viaggiatore facendolo ammirare panorami naturali e numerose architetture storiche lombarde. La storia ci racconta che lungo la Valle del Ticino si susseguirono più fasi di insediamento di popolazioni di ceppo celtico. La prima fu la civiltà di Golasecca intorno al IX secolo a.c, poi nel 400 a.c fu il turno degli Insubri che si sovrapposero alla precedente popolazione mantenendone la cultura come era abituale tra i Celti. Gli Insubri distrussero la Melprum etrusca ricostruendola con il nome di Mediolanum (Milano). l’espansione di Roma portò la fine della colonizzazione dei Celti nel territorio dell’Italia settentrionale. Nel 218 a.c il Ticino fu territorio di scontro tra l’esercito romano del generale Scipione e quello cartaginese del condottiero Annibale nella mitica “battaglia del Ticino” in quello che fu un importante episodio della seconda guerra punica. Per la prima volta il fiume fu testimone della presenza di un altro animale bellico usato dall’uomo oltre al nostro amato cavallo. La novità fu l’elefante che Annibale importò dall’Africa, facendolo entrare in territorio italico passando da un varco tra le Alpi. Non siamo in grado di stabilire la locaità esatta della battaglia, forse nei pressi dell’odierna Vigevano o Castelletto Ticino, ma sappiamo che Tito Livio raccontò che i romani costruirono un ponte di barche accampandosi nel territorio degli Insubri che secondo alcuni oggi è il territorio di Turbigo, mentre Annibale si accampò nei pressi sull’odierna Galliate ( sponda piemontese). Cosa nota è che Annibale fece abbeverare gli elefanti in zona Victumulis (Garlasco). Chissà ai tempi cosa pensarono i nostri cavalli alla vista di questa nuova specie! E non oso immaginare quello che pensarono alla vista delle loro proboscidi durante la battaglia. Saranno scappati galoppando? Facile farsi stregare nei trekking a cavallo dai luoghi e dai simboli di questi popoli antichi ma ancora più facile restare ammaliati da architetture storiche più recenti come il Castello di Vigevano, la Certosa di Pavia, L’Abbazia di Morimondo.

In questo parco, storia e natura si fondono insieme dando origine a un connubio di meraviglie difficili da dimenticare… Come non si può scordarsi che anche qui come negli Stati Uniti, la febbre dell’oro fece ammalare molti uomini intenti a cercare il prezioso metallo tra le sabbie aurifere accumulate nel corso delle piene. Questo accadeva già ai tempi dei romani fino ad oggi con I cercatori d’oro che muniti di stivali di gomma e armati di una batea, la padella che vediamo in tanti film americani, cacciano l’oro come fossero sul Colorado.

Il Ticino ha un’energia vitale molto particolare in grado di far innamorare ogni curioso avventuriero. Quando si percorrono i suoi sentieri si dimentica tutto lo stress della grande città e si assimila energia positiva capace di far ritrovare se stessi galoppando tra un pensiero e l’altro. I viaggiatori smarriti qui si ritrovano ascoltando il gracidio delle rane, lo scorrere dell’acqua e il canto dell’Airone cenerino apparentemente silenzioso quasi muto che invece esplode acuto e modulato appena spiccato il volo. I piccoli ruscelli che danzano vicino al grande letto del fiume emettono una musica orchestrale capace di far ballare persino il più rigido dei pensieri. Se si è stanchi ci si può fermare sostando lungo le calme lanche stagnanti colme di pace e tranquillità che sembrano nascondersi dai problemi della vita dietro ad alti canneti.

Insomma è il posto adatto per fare escursioni e per rigenerare la mente dai problemi e la quotidianità della vita da città, liberi come nel famoso libro di Jack London: il richiamo della foresta. Sulle strade sterrate della campagna padana si può sentire l’odore dei campi da coltivare appena concimati, e le sagome dei cowboy a cavallo appaiono robuste sui sentieri di sabbia bagnati dall’ombra del caldo sole. Canalini colmi d’acqua spaccano a metà i campi coltivati e il canalone del Naviglio Grande fa da battistrada al sentiero che condurrà un escursionista fino alla darsena della città di Milano. Ma il mio consiglio è quello di restare qui nell’Amazzonia lombarda o nella Colorado padana, nel corridoio ecologico tra Alpi e Appennini, tra la flora autoctona di Aceri, Pioppi, Querce, Ginepri, Betulle, Castagni e la fauna selvaggia costituita da mammiferi come la volpe, il tasso, il capriolo, da uccelli come la Cicogna bianca, il picchio, il cormorano, da rettili come la testuggine europea, la vipera e da anfibi come le salamandre, il rospo, e la rana. Una foresta sottomarina di sassi e alghe fanno da habitat ad una grande varietà di pesci come la trota, lo storione e il luccio, grandi predatori del fiume azzurro.

Concludo sorridendo e ringraziando il mio Ticino. Un luogo talmente magico da essere capace, usando l’immaginazione, di farti vedere qualche Indio accampato col suo cavallo lungo la riva del fiume e qualche altro che con una canoa naviga le sue correnti. Insomma una vera e propria giungla selvaggia pronta a catturare ogni singolo cuore impavido di  avventuriero intento a viaggiare nelle terre più inospitali e meravigliose della nostra terra.

Alessandro Cusinato

Secondo viaggio sulla Via Francigena

Pronti! ripartiamo per la seconda tappa del nostro viaggio in mtb sula VIA FRANCIGENA. Esattamente dopo un anno, Io e Tommaso ci apprestiamo a ripercorrere i sentieri storici dell’antica via che nel medioevo univa Canterbury a Roma. Lo scorso anno partendo da Pavia tra pianure, colline, fiumi e monti eravamo giunti fino al mare più precisamente a Marina di Massa percorrendo ben 264 chilometri.
Quest’anno si è aggiunto anche Mauro, compagno biker pronto insieme a noi ad affrontare questa bellissima nuova avventura

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PRIMO GIORNO

Carichiamo le mtb in auto e scendiamo lungo l’autostrada poco più avanti del punto dove eravamo giunti lo scorso anno.
Una volta arrivati, ci mettiamo i caschi in testa e lo zaino in spalla e carichi come non mai saliamo in sella alle nostre “bimbe” ! Si parte! la seconda tappa della nostra Via Francigena sta per iniziare.
Come primo giorno, e data l’ora ormai tarda, quasi le 18,00, ci diamo come obbiettivo d’arrivo serale la città di Lucca.
L’entusiasmo iniziale non manca e la convinzione di passare un altro viaggio indimenticabile è alle stelle.
Passiamo Pietrasanta “la piccola Atene d’Italia” e dopo un breve tratto pianeggiante asfaltato entriamo a Camaiore e nell’antica Badia. La strada non è delle più belle della francigena. Ci si addentra in paesi tra case e strade statali. Qui il percorso pianeggiante finisce e dopo aver incrociato dei primi pellegrini che stanno compiendo il loro percorso a piedi, ci apprestiamo ad affrontare la prima salita impegnativa, quella che porta a Montemagno. Una volta entrati in paese ci fermiamo a rifiatare per qualche minuto. Guardando l’orologio ci accorgiamo che sono già le 20,30 e bisogna arrivare a Lucca prima che faccia buio. Un cartello ci ricorda che mancano ancora una ventina di chilometri. Ci affrettiamo a rimetterci in sella e dopo una bella discesa scendiamo nella valle del torrente Contesola e finalmente raggiungiamo Lucca a buio inoltrato. Qui non avendo prenotato in precedenza da nessuna parte, troviamo ospitalità presso un B&B gestito da Franco, un simpatico signore Romano. Dopo una bella doccia scendiamo in centro a Lucca per divorarci per cena pizza e una birra.

SECONDO GIORNO

Al nostro risveglio ci aspetta una grande colazione. Sappiamo che è il pasto più importante della giornata per ne aprofittiamo per abbuffarci di tutto ciò che il B&B dispone. Caffè, fette biscottate, miele, un pezzo di torta, un toast, succo e tanto altro.
Salutiamo Franco e da buon rito ci rechiamo in sella alle bici, nella piazza centrale di Lucca dove un turista ci scatta gentilmente una foto che ci ritrae tutti e tre insieme.
Partiamo abbastanza tranquilli perche mentalmente sappiamo che la tappa di questa mattina sarà quasi tutta pianeggiante e ci porterà fino a San Miniato. Una tappa mattiniera di quasi 50 chilometri.
Prima di uscire da Lucca però decidiamo di fermarci in una panetteria. Qui una simpatica panettiera di nome Laura ci dà delle dritte per seguire al meglio il percorso da fare e sopratutto ci prepara quello che sarà il nostro pranzo da consumare a San Miniato. Dei buonissimi panini.
Una volta usciti da Lucca miriamo dritti verso Altopascio. Iniziano degli saliscendi semiimpegnativie dopo aver superato anche Galleno giungiamo a Fucecchio. Una volta superato il fiume Arno ne percorriamo per un breve tratto l’argine e arriviamo a San Miniato.
Ma prima di arrivare verso il centro del paese ci imbattiamo in una piacevolissima sospresa|! Con nostro grande stupore notiamo lungo la strada un piccolo banchetto chiamato ” PICCOLO RISTORO DI VIA PARINI”. Si tratta di una semplice bancarella con delle sedie e tavolini. Sul tavolino vi è un’agenda da far firmare a tutti i pellegrini che a piedi o in bici si fermano per riposare. Vicino all’agenda però vi è la sorpresa più grande di tutte! una borsa frigo lasciata da qualche buon uomo contenente bottiglie di acqua fresca e della frutta! anguria e mele!! un oasi di refrigerio! Ringraziamo ancora le persone che curano tutto questo. Cosi rinfrescati risaliamo in sella alle nostre mtb e pedaliamo per un paio di chilometri verso il centro del paese.
Qui ci fermiamo per un paio d’ore a pranzare e fare una pennichella al riparo dal sole.
Verso le 15,30 decidiamo di ripartire sotto un sole abbastanza cocente. fa caldo e decidiamo di proseguire piano piano con obbiettivo di arrivivare alla meravigliosa San Giminiano entro sera e quindi con altri 40 chilometri da pedalare.
Dopo qualche chilometro entriamo a Castelfiorentino e appena ne usciamo inizia una salita impegnativa. Passiamo Chianni, e Gambassi terme e quando pensiamo che la salita sia finita eccone ricominciare un’altra ancora più tosta.. Ma per chi sale in cima a questa collina cè un premio molto prestigioso.. uno dei più ambiti e belli al mondo..
Come premio per il nostro sforzo, la storia medioevale ci regala uno dei suoi borghi più belli: SAN GIMINIANO. Per chi ci entra per la prima volta come me, l’emozione è pari solo a quella delle visioni in un museo di un quadro del Botticelli, o di Van Gogh. è un opera d’arte assoluta considerata dall’umanità uno dei borghi più belli al mondo.
Una volta dentro le mura della cittadina ci rechiamo da Evelin, un’arzilla signora di 89 anni che ci affitta una camera con tre letti direttamente ricavata da casa sua. Siamo stanchi la giornata di oggi ci ha fatto macinare in totale 98 chilometri che sommati ai 45 di ieri fanno 143.

TERZO GIORNO
Dopo aver salutato l’arzilla signora Evelin e aver fatto una ricca colazione usciamo dalle mura della splendida San Giminiano. Oggi il caldo sembra molto più forte e l’affaticamento dei 143 chilometri fatti i giorni precedenti incomncia a farsi sentire. Inoltre oggi ci attenderà una tappa abbastanza impegnativa, quasi tutta con saliscendi sterrati e tanta salita. Ma la tappa di oggi ci promette anche di farci attraversare luoghi meravigliosi con una vista da sogno. Le bellissime strade bianche delle colline Senesi.
Cosi dopo aver attraversato Poggibonsi ci immergiamo finalmente in un paesaggio da cartolina. l’ambiente incomincia a essere spoglio e privo di vegetazione. Il caldo si sposa perfettamente con il colore giallo dell’erba rinsecchita e quello più intenso dei campi di girasoli mischiandosi con il verde di qualche Cipresso. Il saliscendi della strada sterrata trasporta sotto le nostre gomme un terriccio bianco come il latte. Cosi bianco che sembra di essere in un dipinto. il caldo e la fatica sembrano scomparire davanti a quest’opera d’arte di madre natura. Ogni pedalata anzichè sfinirci ci ricarica alla vista di questo quadro. Impossibile non fermarsi per scattare qualche foto.
Questo era quello che cercavamo in questo viaggio.. La bellezza di questo posto non ha eguali al mondo. Meraviglioso!!!
Ma il nostro dipinto ancora non è terminato. Il pittore ha deciso di sosprenderci ancora di più e premiarci per tutta la fatica e lo sforzo fisico che stiamo compiendo. Infatti verso sera ci regala la sua ciliegina sulla torta. il suo colpo di pennello. Verso le 19,00 le nostre Mtb entrano trionfanti e stupite nella bellissima Siena..
Inutile spiegare con parole la bellezza di questa città. Basta osservarla per ritrovarsi catapultati in un mondo medioevale pieno di storia. le sue mura, alte torri, e piazza del campo sono solo dei dettagli che il pittore ha inserito in un contesto di colline, e paesaggi che si immortalano nella mente ogni volta che li si osserva e che si ripresentano la sera nei sogni ogni volta che chiudiamo gli occhi.

QUARTO GIORNO

La mattina facciamo colazione nella splendida piazza del campo di Siena. Siamo rimasti in due, io e Tommaso perche Mauro a causa di impegni di lavoro è stato costretto a rientrare.
Siamo molto carichi ma oggi si profila una giornata caldissima, forse la una delle più calde dell’anno. Del resto siamo alle porte di Agosto ma questo caldo sinceramente è molto anomalo.
Appena fuori le mura di Siena ci imbattiamo in un gruppo di giovanissimi Scout che entusiasti stanno affrontando come noi il viaggio verso la città eterna. Ci fermiamo con loro per scambiare qualche parola. Siamo circondati da un gruppo di ragazzi che con grande entusiasmo e sacrificio stanno affrontando il viaggio partendo dalla lontana Bergamo., e per lo più a piedi! complimenti ragazzi! Facciamo una foto e un video insieme a loro e li salutiamo portando con noi un pò del loro entusiasmo. Pochi chilometri dopo con nostro grande dispiacere salutiamo anche Siena ma ci addentriamo di nuovo in un quadro pittoresco naturale disegnato da strade bianche che attraversano una valle meraviglisa. Scendiamo e saliamo sulle colline infinite bagnate da una marea bianca di tericcio e circondata da erba secca e vigneti.
Infatti dopo aver superato la Val d’Arbia e Buonconvento ci addentriamo nelle splendide colline di Montalcino.
Fa molto caldo però, e nel pomeriggio ci fermiamo a riposare sotto una pianta nel pieno della valle. il sole non ci dà tregua ma è proprio grazie a lui che riesco a scattare una delle foto più belle di questo tour. i suoi raggi illuminano perfettamente i colori gialli della prateria d’erba secca ed esaltano il verde di qualche albero solitario di cipresso. lo scenario desertico accompagnato dall’innalzamento all’orizzonte delle colline ne completa la perfetta cornice. Questa foto la chiamerò Toscana !
Appena il caldo diminuisce risaliamo in sella alle nostre mtb e dopo una salita impegnativa la natura ci fá un ennesimo regalo: in lontananza cogliamo nel sottobosco un gruppetto di fagiani e vicini a loro un paio di esemplari di caprioli. Ci guardiamo entrambi sorpresi e incuriositi. Poi di colpo con un balzo selvaggio uno dei caprioli fugge tra l’erba secca e verde della collina portandosi con se anche il gruppo di fagiani. Che emozione !! .. Quindi arriviamo a San Quirico D’Orcia, l’ennesimo stupendo paesino medioevale sulle colline.
Le sue mura ci regalano l’ennesima entrata trionfale e un ostello un posto dove passare la notte. Ma per me e Tommaso quella sarebbe stata l’ultima notte di questo viaggio e così da veri avventurieri decidiamo di dormire fuori all’aperto sotto le stelle in mezzo alla splendida natura Toscana. La mattina dopo con sveglia alle 5,00 siamo pronti a ripartire ripercorrendo in bici altri 19 chilometri. Ma questa volta per andare in stazione e prendere un treno che ci riaccompagnerá a casa.
La fine di questa meravigliosa seconda tappa di viaggio sulla Via Francigena termina qui dopo circa 240 chilometri che sommati a quelli della prima tappa ne fanno ben 504 !
Sono stati quattro giorni indimenticabili trascorsi tra fatica, caldo e sete ma ripagati con la bellezza unica dei paesaggi toscani e delle cittadine medioevali che fanno invidia a tutto il mondo.
Per arrivare a Roma mancano altri 210 chilometri, e un terzo e ultimo viaggio già in programma, sancirá la fine del nostro grande percorso iniziato lo scorso anno a Pavia.
Evviva la Via Francigena!


ECCO IL VIDEO DEL CICLOVIAGGIO DAL MIO CANALE YOUTUBE: