CAMMINO DI OROPA

CI SIAMO!

Finalmente un altro cammino. Sarà un percorso più breve rispetto ai più classici ma sarà pur sempre intenso! è il Cammino di Oropa: 68 chilometri tra strada asfaltata e sentieri selvaggi che da Santhià conducono fino al Santuario di Oropa. Un itinerario composto da 4 tappe ma che percorrerò zaino in spalla in soli due giorni.

PREPARAZIONE:

Giungo di venerdi sera tardi a Santhià, insieme a Tommaso e Alessandra, i miei due amici e compagni di camminata. Nel mio zaino tanta voglia di esplorare questa parte d’Italia tra storia e natura.

Siamo in tre ma per motivi organizzativi decidiamo di partire dalla provincia di MIlano con due automobili. Di certo non la soluzione ecologica migliore, ma ahimè l’opzione più percorribile. Vi spiego il perchè: dobbiamo salire con un auto fino al Santuario di Oropa lasciandola parcheggiata a pochi metri dal traguardo di fine cammino. Con la seconda auto invece scendiamo verso Santhià, punto d’inizio del nostro cammino. Facciamo tutto ciò in modo da avere un mezzo di ritorno immediato in caso di arrivo molto tardo sul traguardo di fine cammino. (Dopo un certo orario non ci sono più treni e bus per tornare a Santhià.)

PRIMO GIORNO:


La sveglia suona all’alba e dopo una ricca colazione siamo pronti per affrontare i primi 36 chilometri che da Santhià ci condurranno fino a Sala Biellese. Il viaggio inizia percorrendo un tratto di un altro famoso cammino, quello della Via Francigena. Famoso cammino medievale che conduceva i pellegrini da Canterbury fino a Roma. Per me e Tommaso una piacevole riscoperta dato che già avevamo percorso il tratto di cammino della Francigena qualche anno prima ma in sella alle nostre mountain bike (Ma quella era un‘altra storia e un altro meraviglioso viaggio!) Carichi di entusiasmo attraversiamo la pianeggiante campagna che passa lungo la Via Francigena.

La maggior parte del percorso è costituito da stradine asfaltate che si sporgono su campi coltivati. Incontriamo altri viaggiatori augurando loro un buon cammino! Dopo un grande tratto di pianura, intorno al ventesimo chilometro ha inizio una lenta e semi impegnativa salita. Mentre cammino mi godo il panorama dell’anfiteatro morenico di Ivrea, rilievo morenico di origine glaciale, e del lago di Viverone.  Arrivo a Roppolo, dominata da un maestoso castello che dalla fine del IX secolo svetta su tutto il territorio portando con se ricordi di numerosi generali e condottieri tra i quali Facino Cane, Tommaso Francesco di Savoia e Napoleone Bonaparte. Sono contornato da un paesaggio di bosco incantato che sale in direzione Oropa.

Giungiamo stanchi ma soddisfatti in un camping sulle colline a Sala Biellese. Ci aspetta una tenda sospesa da terra, con legate le sue stremità a tronchi di forti alberi. Dormiamo sotto un cielo di stelle e pioggia, in una tenda sospesa tra due alberi e la libertà.

SECONDO GIORNO:


Il secondo giorno è quello più tosto capace di farmi gioire e piangere nello stesso momento. Inizia l’immersione nella natura della Serra morenica e la salita più dura. Passo da istanti di entusiasmo ad attimi di sofferenza fisica capaci di farmi pensare, anche solo per un secondo, di fermarmi e mollare. Ma più mi arrampico verso Oropa più intravedo il traguardo e la motivazione.

Ci arrampiachiamo sulle Alpi Biellesi in direzione Donato. Giungiamo al Santuario di Graglia tra Piemonte e Valle d’Aosta. Il santuario mariano è uno dei più importanti del Piemonte. Lo zaino pesa come un macigno sulla mia schiena e per alleggerirlo devo riempire la mia mente di natura, di storia e autostima che acquisisco passo dopo passo in questo cammino. Meravigliosi casolari antichi, castagni, aceri, pini mi accompagnano in un bosco di emozioni, insieme a timidi volpi e ai grugniti dei cinghiali. La volontà e la curiosità mi fanno avanzare scacciando via la sofferenza e la fatica.  Si cammina tra le mulattiere lungo il fianco del Mombarone seguendo l’antico tracciato della Tranvia che tempi addietro univa Biella direttamente al Santuario di Oropa.

Dopo 68 chilometri in due giorni, io e i miei due compagni di viaggio giungiamo stremati al Santuario di Oropa. La soddisfazione e l’appagamento sono immensi. Immensi quanto il mito di Marco Pantani che qui su questa montagna nel 1999 ha scritto una pagina indimenticabile della storia del ciclismo e dello sport. Il mito lo si percepisce e si vede incontrando paline celebrative dell’impresa lungo i tornanti d’asfalto che titolano “Montagna Pantani“.

Camminando nei momenti di dolore e sofferenza ho pensato molto a lui, il pirata, che con la sua determinazione qui ha sconfitto la sfortuna, il salto di catena ai piedi dell’ultima salita, e ha saputo rimontare tutti scalando la montagna fino ad Oropa. Un esempio di forza di volontà che ho percepito sotto forma di energia mentre percorrevo la strada fino al mitico traguardo del Santuario. Quella fu un’impresa epica non di certo come la mia… ma nel mio piccolo, ora che sono qui vincente con le mani al cielo davanti al Santuario, mi sento svuotato delle mie forze fisiche ma possiedo uno zaino ancor più carico di conoscenza, interiorità ed emozioni.

Alessandro Cusinato

LUBIANA – Slovenia Diario di viaggio

In un istante prendo la decisione di andare a vagabondare per un paio di giorni in Slovenia. Preparo lo zaino, accendo l’auto e in meno di cinque ore parto da Milano per giungere insieme al mio socio Tommaso a Lubiana, capitale della Slovenia.

Arriviamo bagnati da una pioggerella leggera che ci accompagnerà per tutto il weekend. Alloggiamo in un ostello a due passi dal centro. Depositiamo gli zaini e iniziamo il tour. Costeggiando il fiume Ljubijanica che bagna tutta la città e proseguiamo verso il centro. Qui camminando per i principali quartieri storici venendo accolti da una bellezza unica, regalata dal misto di medioevo, barocco e di liberty.  I ponti sono la vera caratteristica di questa cittadina. Dal nuovissimo “ponte dei macellai” costruito nel 2010 ubicato a due passi dal mercato dei macellai e soprannominato il ponte dell’amore, dove centinaia di innamorati legano un simbolico lucchetto alla ringhiera del ponte. Poi il “triplo ponte” che collega il centro storico alla parte moderna della città concludendo con l’affascinante  “ponte dei draghi” la prima opera in cemento armato di Lubiana che quasi spaventa alla vista delle statue dei draghi che appaiono semi reali!

Camminando si resta affascinati da questa cittadina tanto che risulta impossibile non fermarsi per scattare delle foto. Una quiete silenziosa sembra galleggiare dal lento fiume e giungere dritta fino ai ciottoli dei sentieri che compongono gli antichi quartieri. Il cibo da strada è parte integrante della città e il buon vino fa il resto. Dall’alto di una collina il castello di Lubiana osserva e protegge tutta la capitale attirando ogni curiosità verso di se. Naturalmente decidiamo di salire per visitarlo. Costruito più di 900 anni fa viene ora visitato dai turisti per la sua attrattiva principale: la torre. Salendoci in cima si può ammirare la vista panoramica dell’intera Lubiana dall’alto. Uno spettacolo!  L’area del castello è stata abitata fin dal 1200 a.c e si pensa che la cima della collina sia stata un accampamento dell’impero romano dopo un periodo celtico e illirico.

La sera Lubiana si sveste dall’abito di cittadina tranquilla per indossare il più caotico e allegro vestito che possiede nell’armadio. Decine di pub colme di gente sorridono alla meravigliosa aria fresca che si infrange festante sui bicchieri di centinaia di cocktail e birre! La mattina dopo proseguo il mio tour visitando il mercato centrale e la cattedrale di San Nicola. Essa è uno dei più bei esempi di arte barocca in Slovenia. Cammino poi  verso il parco Tivoli, il più grande parco della città con un’area verde di 510 ettari. Mesti Trg è il cuore antico della città, una piazza contornata da edifici, costruiti dopo il devastante terremoto del 1511, che la decorano donandole un aspetto fortemente barocca.

Unica pecca è stata la mia “non visita” alla biblioteca di Lubiana. Un imponente edificio rettangolare di quattro piani, quattro ali e due cortili interni decorata con meravigliosi mattoni rossi. Al suo interno sono contenuti  importanti manoscritti medioevali e stampe rinascimentali, oltre a possedere la più ampia raccolta di letteratura del Paese. Purtroppo gli orari d’apertura non mi sono stati amici e per trovare la biblioteca aperta al pubblico avrei dovuto attendere il lunedi. Beh la userò come una buona scusa per poterci ritornare ancora!

 

TRANSILVANIA- diario di viaggio

Ogni viaggio ha il suo motivo. Ogni luogo da esplorare ha il suo più curioso posto d’attrazione. Io e il mio zaino siamo venuti qui per camminare sulle montagne, nelle foreste e nelle cittadine medioevali giungendo fino al castello di Bran, famoso per la leggenda del conte Dracula.

BUCAREST – La capitale

Il mio viaggio parte da Bucarest storica capitale rumena. Atterro in tarda serata e prima di recarmi all’ostello, insieme al mio compagno di viaggio Tommaso, mi dirigo verso il quartiere di Lipstani. Cammino pregustando i primi istanti nella terra rumena. Mi guardo intorno incuriosito consapevole di visitare una città segnata dal suo recente passato comunista. E’ buio e alcune vie sono segnate dal degrado. Alti palazzoni grigi con le mura rovinate dai segni della povertà, fanno da contorno alla strada sottostante con roulotte e cavi della luce che penzolano dagli alti pali. Per strada poca gente. Ma appena giungo nel quartiere di Lipstani tutto cambia. Musica alta rimbomba per la stretta e lunghissima via della movida rumena dove decine di disco pub e ristoranti fanno da meta a centinaia di giovani e turisti. Rimango piacevolmente sorpreso dalla bellezza dei locali e all’organizzazione. Bevo per festeggiare l’inizio del mio viaggio, brindando alla visita della Transilvania! Tornerò qui a Bucarest tra qualche giorno per visitare, tra le altre cose, un palazzo del XV secolo chiamato Curtea Veche, dove regnò il principe Vlad III, soprannominato l’impalatore… ma questa storia ve la racconterò più avanti…

DA BUCAREST VERSO BRASOV

Di buon mattino con un bus, giungo in stazione centrale per salire sul treno che mi condurrà nella mistica regione del conte Dracula. Mi attende un viaggio verso la Transilvania lungo all’incirca 200 chilometri. Ne approfitto per scrivere, restando affascinato dalla natura di questa terra che si intravede scorrere dal finestrino.

Treno per Brasov
Il treno per Brasov

Lungo un antico sentiero medioevale che dalla Valacchia porta alla Transilvania, in località Sinaia, sorge il Castello di Peles. Costruito in stile neo rinascimentale tedesco, venne eretto come residenza del Re di Romania nel 1873. Alla stazione di Sinaia scendo, e con il mio zaino in spalla percorro in salita un’altura che dopo un chilometro mi porta davanti al maestoso castello. Il colpo d’occhio è fantastico. Il bianco del castello risalta il colore verde della montagna. Le sue forme lo rendono il più bello dei 103 castelli esistenti in tutta la Romania. All’interno la ricchezza non si spreca.

BRASOV

Riparto in treno da Sinaia in direzione Brasov. Osservo la foresta dal finestrino, alberi che si arrampicano sulle montagne, qualche tetto di casa a forma di cono e poi ancora foreste… non a caso Transilvania vuol dire “oltre la foresta”. A Brasov i miei occhi si inebriano di colori e bellezza. E’ una cittadina bellissima e molto accogliente. Camminando per le sue vie si è rapiti dalla visuale dei Carpazi che la circondano e dalle tante abitazioni colorate in stile barocco. Alzando lo sguardo verso il cielo poi, nuvole bianchissime riflettono la luce calda del sole illuminando l’aria limpidissima di montagna. Una vera e propria perla della Romania. In città pregusto i piatti tipici rumeni davvero squisiti e visito la chiesa nera in stile gotico. Ma questa è solo la porta principale della Transilvana… L’indomani di buona mattina, prenderò un bus che in mezz’ora circa mi porterà a Bran ai piedi del famoso castello di Dracula…

 

CASTELLO DI BRAN

Finalmente giungo a Bran, il paese del conte Dracula. Mi aspetto di trovare un’atmosfera lugubre e tetra con tanto di ululati, pipistrelli in volo e cielo tempestoso. Ma al mio arrivo rimango un pò deluso, ritrovandomi in un luogo si meraviglioso, ma “non pauroso”. Non so se sia stata una mia fortuna capitare qui in una splendida giornata di sole!… Già perchè il sole toglie quell’alone di mistero che dovrebbe invece accompagnare la visita di questo mistico castello… Ma qui lo scrittore Bram Stoker in una grigia giornata d’inverno, fu ispirato nel creare il personaggio di Dracula. Non c’è nessuna nuvola grigia in cielo, ma il fascino della Transilvania, delle sue fitte foreste e del potente Vlad III l’impalatore, rendono questo castello il più affascinante di tutti. Insomma… C’era una volta il conte Dracula…

In serata torno a Brasov, ma l’indomani faccio ritorno a Bucarest. Qui non può mancare il classico giro in bici per la città. Visito i monumenti principali tra cui il parlamento. Ma la vera attrattiva qui è la “Curtea Veche”. Mi blocco sofferandomi davanti alla residenza di Vlad III, il temuto impalatore di turchi. Le rovine dell’abitazione e la sua statua, riescono a trasmettermi quel fascino terrorizzante che dalla Transilvania giunge fino qui a Bucarest.

Curtea Veche
Curtea Veche

Concludo il viaggio portandomi dentro la bellezza di questa terra. I colori di Brasov, le fitte foreste che si arrampicano sui Carpazi e i suoi tanti castelli, dipingono una meravigliosa natura mischiata alla storia. Forse è proprio questa la formula perfetta che da origine alla sua misticità. Una formula magica che ha trasformato il temibile Vlad III, realmente esistito, famoso per la sua terribile fama di impalare le teste dei nemici turchi nelle foreste cupe di Valacchia e Transilvania, in una figura inventata ma altrettanto terrificante come il conte Dracula. Cosi facendo ha reso immortale la sua anima, che vive qui, come fosse parte integrante di questa terra. Qui lo si percepisce… Impossibile restare indifferenti alle foreste incontaminate e cupe che fanno ombra a misteriosi castelli. Li oscurano cosi tanto da far svolazzare intorno pipistrelli che anche se non si vedono appaiono nei nostri pensieri.

Alessandro Cusinato

MADRID- diario di viaggio

Dici e pensi a Madrid e la prima cosa che ti viene in mente è la parola “movida!”… Ma vi assicuro che c’è molto altro…

Alloggio in un quartiere poco lontano dalla stazione dei treni di Atocha e ogni giorno a piedi con il mio immancabile zaino in spalla, macino chilometri per esplorare la calorosa città.

Ma questo mio diario voglio iniziarlo al contrario, ovvero dalla “noche”… Tutto inizia al tramonto camminando affamati, attirati dalle luci e i profumi dei suoi ristoranti. Come tori attratti da un panno rosso, si finisce al loro interno gustando tapas, paella e sangria. L’atmosfera spagnoleggiante fa il resto, riempiendo l’arena notturna dei locali madrileni di gente. Ha ufficialmente inizio la movida, dove non solo panni rossi ma di ogni colore, fanno ballare insieme tori, toreri e ballerine…

Di giorno il suo fascino è quello di una città elegante, vestita sempre con abiti colorati ma con quello spiccare di rosso e giallo in più. Camminando per le sue caratteristiche vie, si percepisce subito di essere nella calorosa Spagna. il bello di questa città è che nonostante contenga molte infrastrutture moderne sia comunque riuscita mantenere intatta la sua storia e originalità.

Appena si giunge qui non si può non recarsi nella Plaza Major. Di forma rettangolare e attorniata da porticati, è la piazza principale della città. Dopo una stancante camminata zaino in spalla bisogna recarsi allo storico Mercado de san Miguel! uno dei pochi mercati coperti di Madrid in stile Liberty, dove tra i vari prodotti tipici si può assaporare il mitico Jambon Iberico e il Pata Negra… non cè nulla di meglio di un bel panino per integrare la fame di curiosità.

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Parque de Retiro

Madrid è una città verde piena di parchi tra cui il Parque del Retiro. Al suo interno un enorme giardino lo attraversa, e un grande lago artificiale fa da specchio al monumento ad Alfonso, principale punto d’interesse del parco. Io e i miei compagni di viaggio specchiandoci nel lago, ammiriamo in lontananza l’immagine imponente del monumento. Ma ricordandoci di essere nel paese della “fiesta” posiamo gli zaini e ci rechiamo ad un cherenguito per sorseggiare altra sangria!

Girovagando per le affascinanti vie, giungiamo davanti al più antico ristorane del mondo: il “Sobrino de Botin”. La sua nascita è datata 1725. Purtroppo possiamo solo guardarlo da fuori perché i prezzi all’interno sono inaccessibili per noi!!!

i giorni successivi mi reco in uno dei più imponenti e splendidi palazzi d’Europa: il Palacio Real, residenza ufficiale del Re di Spagna. Al suo interno immense sale, quadri, statue e tanta ricchezza sanciscono quella che era ed è la potenza dei reali di Spagna. Davvero affascinante. La cosa che più inorgoglisce è che la maggior parte delle sue opere d’arte sono create dalla mano di artisti italiani. Vi sono pitture del nostro Bernini e una sala contenente una collezione unica di violini costruiti dal nostro Antonio Stradivari.

Il museo del Prado completa la vena artistica della città. Al suo interno uno dei miei quadri preferiti: Il Giardino delle delizie  la più famosa opera del pittore Bosch. Il dipinto raffigura tre scene che da sinistra verso destra rappresentano l’umanità. Nel primo riquadro vi è la creazione con un giardino dell’Eden rigoglioso e Adamo ed Eva, nel pannello centrale figure di uomini e donne nude, animali immaginari, frutti e nel pannello di destra vi è rappresentato l’inferno con demoni e la natura distrutta. Secondo l’immaginario di alcuni, l’autore vuole ammonire l’umanità per aver portato il mondo da un giardino meraviglioso qual’era ad una prossima distruzione… attraverso i suoi vizi, il suo capitalismo, le guerre e l’inquinamento… Un quadro che non smette di apparire nella mia mente. Dovremmo tutti possedere una sua copia sul nostro comodino e ammirarlo ogni mattina e sera. Ma sopratutto dovrebbero vederlo i potenti della terra che senza scrupoli ci stanno portando verso il terzo pannello di quel quadro. Vi lascio con sua l’immagine sperando che serva come riflessione per migliorare la vita del nostro splendido pianeta. Buena vision…

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“Il Giardino Delle Delizie” esposto al museo del Prado

Alessandro Cusinato

DUBLINO – diario di viaggio

E’ il giorno del mio compleanno. Che fare se non regalarsi un bel viaggetto? eh già… Prenderò un aereo per recarmi nella verde Irlanda con destinazione Dublino. Ma a pensarci bene però, non credo sia tanto “verde” in questo periodo dell’anno… è il 10 dicembre e il bianco del gelo ne avrà preso il sopravvento.

Atterro e subito il mio “non buon” inglese si scontra con il complicato slang irlandese. Chiedo indicazioni per arrivare al mio dormitorio. Ma me la cavo giungendo sano e salvo nel mio albergo/ostello. La prima impressione che ho con la città è molto positiva. Mi piace! cammino in una tipica cittadina britannica attraversando un quartiere con case basse colorate, simpatici uomini dai capelli arancioni e tanti pub. Il classico clima british dona il carattere alla città, e alzando la testa grandi nuvole grigie coprono un timido ma caldo sole. Sono fortunato perché nonostante sia dicembre, qui la temperatura non è bassa come al solito.

 

 

 

Cammino costeggiando il fiume Liffey che taglia in due la città. Dublino è soprannominata anche la città dei ponti. Nel pomeriggio incontro un gruppo di amici con cui avevo puntello dall’altra parte del fiume. Ma per incontrarli devo attraversare uno dei suoi ponti principali: O’Connel Bridge. Con loro mi reco subito nel luogo che negli ultimi anni sta attraendo gente da tutto il mondo: Il Guinees Storehouse. La fabbrica e museo della birra Guinees! Qui ci passo quasi mezza giornata, e quando usciamo fuori è già buio.

 

 

 

Dopo aver fatto il tour completo e sorseggiato diverse qualità di birre non ancora appagati ci spostiamo nei quartieri del centro. Già perché cè il mio compleanno da festeggiare e il mitico pub TEMPLE BAR sembra il posto ideale! Il mio regalo perfetto. La sera i ponti si illuminano donando a Dublino un fascino unico al mondo. Resto a bocca aperta dalla semplice bellezza di questa piccola città. basta poco per innamorarsi di lei.

 

 

 

Il giorno dopo facciamo colazione con un tipico brunch irlandese composto da carne, uova e verdura. Con lo zaino in spalla ripartiamo per il tour esplorativo per le vie della città. Passiamo dalle due meravigliose cattedrali St’Patricks e Christ Church Catedral, il castello di Dublino, il Trinity College. fino ad addentrarci nel secondo parco più grande d’Europa il Phoenix Park. Qui finalmente il verde regna sovrano. Certo non è paragonabile al verde del resto dell’Irlanda che ahimè in questo piccolo viaggio non riuscirò a vedere.

 

 

 

Il capitolo finale del mio racconto però, voglio dedicarlo al ponte più importante della città dei ponti: il piccolo Ha’Penny Bridge. Il primo ponte di Dublino. Il suo nome è dato dal costo del pedaggio che ogni uomo pagava per passare da una sponda all’altra del fiume! un penny. Un ponte storico che lo rende l’icona di questa meravigliosa città.

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Saluto Dublino portandola nel cuore. E’ senza dubbio una delle città più belle che abbia visitato. Il suo stile british senza grattacieli e palazzoni, i suoi contenuti storici, la sua natura e la sua gente la rendono più allegra di quanto si pensi. Al contrario di altre città del nord racchiude un animo caldo che ti rapisce fin dal primo passo mentre si cammina nei suoi vicoli. Dispiace andarmene e non continuare il mio tour irlandese ma userò la mancanza attuale di tempo come una buona scusa per tornarci presto.

Alessandro Cusinato

SCOZIA – Diario di viaggio

E’ la stagione più fredda per visitare la Scozia ma rinunciare al fascino di questa terra nordica ricoperta di neve e ghiaccio è praticamente impossibile. Volevo festeggiare il giorno del mio compleanno in una terra ricca di storia e natura e completare il tutto con la classica ciliegina sulla mia torta. Recarmi da Nessi nella sua misteriosa dimora: il lago di Loch Ness.

EDIMBURGO

Arrivo a Edimburgo e davanti ai miei occhi innalzato su un alto sperone di roccia appare imponente il suo castello. Il colpo d’occhio è unico. Ci si sente piccoli piccoli di fronte al simbolo del regno scozzese. Il castello data la sua posizione domina il panorama della città. Lo osservo tornando con la mente indietro nel tempo immaginando gli attacchi dei soldati inglesi intenti a conquistare la fortezza scozzese.

 


Qualche metro più in là del castello cè l’ostello che ospiterà me e i miei compagni di viaggio Tommaso, Alessandra e Chiara per quattro giorni. Trascorriamo i primi due giorni visitando la città recandoci all’interno del castello, nella vecchia old town e arrampicandoci sulla collina di Arthur’s Seat dove giunti in cima si ammira tutta la città dall’alto. La sera invece girovaghiamo nei molti pub, fino alla mezzanotte tra il 9 e il 10 dicembre
quando felice festeggio il mio compleanno tra birra, kilt e cornamuse… ma restando sobrio perché l’indomani bisogna svegliarsi presto per affrontare l’escursione che ci porterà tra le selvaggie Highlands fino a Loch Ness.

LOCH NESS E LE HIGHLANDS

Finalmente arriva il giorno più atteso. Cosa cè di meglio nel festeggiare il giorno del mio compleanno girovagando per le Highlands innevate fino a giungere al più mistico dei laghi del mondo?  Credo nulla.  Fin da piccolino ero affascinato dal mistero che avvolgeva quel lago. Mi bombardavo di documentari e leggevo libri e racconti riguardanti Nessi.. si proprio lui Il mostro di Lochness. Mi ero sempre promesso che un giorno sarei andato a vedere con i miei occhi la sua casa. Questo stretto e lungo lago profondo fino a 230 metri circondato dalle cupe e silenziose Highlands.
Uno dei luoghi più mistici del nostro pianeta che ha suscitato da sempre in me curiosità e ispirazione.

Le selvagge Highlands
Le selvagge Highlands

Parto da Edimburgo alle 7,45 con il buio della fredda mattinata scozzese, insieme ai miei compagni di viaggio. Saliamo su un bus che ci condurrà a Loch Ness attraversando per trecento chilometri le meravigliose Highlands.
Dopo un’ora e mezza circa ci ritroviamo nel bel mezzo della natura più selvaggia.
Il gelido cielo si veste di blu con il bianco ghiaccio che copre la terra, disegnandone la bandiera scozzese. Paesini dispersi tra cornamuse, alberi imbiancati, e gelide acque nebbiose dei laghi, danno origine alla vita selvaggia delle Highlands.
Rimango affascinato e innamorato da questo paesaggio colmo di una natura selvaggia incontaminata.
un silenzo interrotto solo dai fischi leggeri del vento nordico domina la valle di prateria, una volta abitata da William Wallace e i suoi uomini, tanto che con l’immaginazione riesco a intravederli intenti ad affilare le loro armi.
Si percepisce nell’aria un profumo di storia vissuta. il profumo dei combattimenti per liberare la terra dagli oppressori inglesi mischiata all’odore selvaggio della natura. Un mix perfetto per me, capace di mandare i miei sensi e le mie emozioni in estasi..

Highlands
Bandiera nelle Highlands

Verso le 12,00 giungiamo sulle rive del Loch Ness e il mio cuore fa un altro battito in più.
La nebbia sembra nascondere il mistero di Nessi e il ghiaccio congela la voglia di ogni uomo nel cercare la sua presenza tra le gelide acque.
Ma la suggestione che dona questo lago porta ogni uomo a immaginarne la sua presenza tra le onde e i riflessi di luce che giocano insieme sulla superficie dell’acqua.
Tanto che ad un certo punto mi sembra di vederlo. Un’ombra scura che di colpo scompare immergendosi verso il fondo del lago. Attendo qualche minuto ma l’ombra sembra non ritornare più su..
Mi guardo intorno sorridendo, pensando che forse Nessi sia salito per un istante in superficie per salutarmi e farmi gli auguri di buon compleanno..
Lo racconto agli altri ma.. non mi credono..
Ma io voglio sognare e crederci un pò..
Grazie per gli auguri Nessi …;)

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SAINT ANDREWS

Il mattino seguente prendiamo il treno che dalla stazione di Edimburgo ci trasporta sulle coste del mare del nord.
I treno si addentra in paesini dispersi tra alberi imbiancati di neve e bianchi mulini a vento. Alla fine della sua corsa ci attende la stazione di Leuchars. Da qui un bus che fa capolinea a Saint Andrews, una città famosa per la sua università e la sua cattedrale che domina la baia, costruita cosi a picco sul mare che sembra sfidare le onde e i forti venti glaciali provenienti da nord.

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Seguendo il silenzio del lungomare, giungo sulla spiaggia per ammirare la gelida bellezza del mare del nord. Qui il rumore delle onde e il fischio freddo del vento, mi fa raggiungere la pace dei sensi con la natura. Completo il mio orgasmo naturalistico alzando lo sguardo ammirando le nuvole che come isole fluttuanti galleggiano nel cielo scozzese.

Ma di tutto questo meraviglioso viaggio, ricordo piacevolmente il mio strano incontro fatto con un libro posto su uno scaffale in un pub di Edimburgo. Non so come sia potuto accadere, ma il destino ha fatto in modo che  proprio dietro le mie spalle, poggiato sullo scaffale di legno, era “sepolto” da altri libri in lingua inglese un romanzo intitolato “BREEZE” … nome che dà il titolo anche al mio di romanzo!

 

Un brivido freddo mi pervase e una lacrima mi scese dal viso… Ero fortemente emozionato. Lo afferai e iniziai a sfogliarlo e con mio grande stupore notai che nel sottotitolo vi era la scritta ” Wild” e al suo interno disegni di terre selvagge e animali selvatici.. Tutte cose che amo più della mia vita… A quel punto iniziai a pensare, sognando che probabilmente qualche buona anima l’aveva riposto li sapendo che un giorno io l’avrei notato.  Ripensai “Forse questo libro che ho trovato qui per caso lasciato da qualche sconosciuto, vorrá trasmettermi qualcosa”. Beh, lo leggerò e poi vi farò sapere…

Alessandro Cusinato

 

 

 

 

Diario di viaggio Perù – CUZCO e VALLE SAGRADO

14 agosto
– Verso l’ombelico del mondo – Cuzco
Sto volando verso Cuzco! non ci credo ancora.. Sono troppo emozionato. Tra poco più di un’ora sarò nell’ombelico del mondo..
Così era chiamato dagli Inca. Cuzco in lingua quechua significa proprio “centro” “ombelico”. Già perchè era la capitale dell’impero Inca, nonchè il “centro del mondo”.
L’ho ammirata centinaia di volte sui libri, nei documentari e ogni volta provavo un senso di attrazzione energetica incredibile. Proprio come mi succede osservando le foto e i video di Machu Picchu.
Ma per provare questo tipo di sensazione bisogna conoscere la sua storia. Una leggenda attribuisce la sua fondazione ad un essere leggendario chiamato Manco Capac, insieme a sua sorella e consorte Mama Ocllo, divenuto poi primo imperatore.
La leggenda inoltre dice che questo luogo fu rivelato da Inti (il dio sole). La mappa di Cusco antica ha la forma di un puma ( animale sacro) con la piazza centrale occupata dal petto dell’animale. La testa del puma sarebbe ubicata nella collina dove sta la fortezza di Sacsayhuamàn. La città è situata al centro della cordigliera ad un altitudine di 3400 metri. Era chiamata “centro” “ombelico” perchè secondo la mitologia Inca in essa confluiva il mondo degli inferi ( Uku Pacha) con il mondo visibile (Kay Pacha) ed il mondo superiore (Hanan Pacha). Un luogo mistico, magico carico di energia.

 

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– Atterraggio a Cuzco –
Appena l’aereo apre gli sportelloni vengo colpito da un forte un giramento di testa. Sento troppo la differenza di altura e incomincia a mancarmi l’aria. Faccio fatica a respirare ma sò che è una cosa normale per chi arriva qui. Mantengo la calma e mastico delle foglie di coca contenute in un cesto all’ingresso del piccolo aereoporto.
In albergo mi preparano subito del mate de coca. Una tisana ma con foglie di coca. Serve a far acclimatare l’organismo con l’altura. è buona, calda e devo dire che il suo effetto lo fà. Per tutta la mattinata rimango disorientato fisicamente ma poi pian piano inizio a respirare meglio.
Masticare foglie di coca e bere il mate è una tecnica naturale antica usata dagli Inca ma ancor prima dagli Aymara per sopravvivere a questa quota all’aria rarefatta delle Ande.
Nel pomeriggio esco con il mio zaino in esplorazione per le viette strette di Cuzco e me ne innamoro profondamente. Stradine srette, cielo azzurro, montagne che la circondano, colori dell’arcobaleno indossati dagli abitanti, muri di pietra antica, profumi di festa e tanta musica Andina.
Mi vengono incontro donne colorate con stretti sulle spalle come fossero zaini i propri bimbi, che vogliono vendermi braccialetti dipinti di vita quotidiana andina.

 

Mi muovo per le vie disorientato, un pò perchè non ho ancora superato il mal d’altura e un pò per la mia curiosità. Sono fortemente emozionato. Una sensazione mai provata prima per nesuna città del mondo..
La sera poi Cuzco si veste dei colori delle stelle e di luci regalate dalla Pachamama. (la madre terra)
Le stelle illuminano le stradine di ciottoli della vecchia capitale dell’impero Inca ed attuale capitale della cultura delle americhe.
Qui percepisco, dentro di me, un’incredibile energia,  mai provata prima.. Un richiamo, una voce, una musica proveniente dall’interno dell’ombelico e diretta nel mio io più profondo..
Mi sembra di essere un tuttuno con la città stessa. Mi sembra di essere parte di lei e lei di me. Sorrido, e persino gli oggetti mi sembrano aver vita propria. I sentieri mi parlano indicandomi dove devo andare. Impossibile smarrirsi perchè mi sento stretto mano nella mano da lei e mai lasciato solo. Percepisco una forza incredibile per affrontare questo viaggio e non solo.
Ora capisco perchè per gli Inca Cuzco era il centro dell’universo. Quest’oggi ho captato un’energia positiva incredibile, forse inumana, sovrannaturale che mi stà caricando dentro..
Questa sensazione la sto provando io ora, come un tempo la provavano loro.

 

15 agosto
– Valle sagrado-
Sono pronto per la prima escursione nella valle sacra degli Inca. E’ la valle del fiume Urubamba che attraversa le Ande vicino a Cuzco. Di buona mattina alle 8,00 salgo sul bus che mi porterà come da prima tappa alla cittadina Inca di Pisac. Sul bus stringo amicizia con un ragazzo brasiliano di nome Adhemar. Arrivato a Pisac rimango stregato dalla bellezza del sito archeologico.

 

Davanti ai miei occhi increduli appaiono una una serie di terrazzamenti antichi tipici della cultura Inca che a semicerchio scendono lungo la montagna. Intorno la vegetazione e un sentiero che ripercorre i passi fatti dai cittadini Inca per giungere alle loro abitazioni ancora esistenti situate un pò più in cima.
Seguo il sentiero rimaendo più volte incantato nell’osservare i mitici terrazzamenti. E’ la prima volta che li vedo dal vivo senza il filtro di una pagina di carta di un libro o dello schermo di una televisione. I terrazzamenti erano stati progettatti intelligentemente dagli Inca per poter praticare l’agricoltura su queste alte montagne. Coltivavano mais, patate ecc.. la dove sembra davvero impossibile..
Meravigliato faccio il giro del percorso spingendomi sempre più in alto giungendo davanti a vecchie rovine di abitazioni Inca. Qui conosco un secondo amico brasiliano anch’esso da solo di nome Diego. Con Adhemar e Diego nascerà una forte amicizia.
Come seconda tappa mi attende la magica cittadella di Ollantaytambo. E’ posta a circa 75 chilometri nord-est da Cuzco. Questa fortezza Inca il cui nome significa locanda di Ollantay (il nome di un guerriero) Fu una delle città dove Inca e spagnoli si sono batutti quando Manco Inca cercava di raggruppare la resistenza Inca dopo la disfatta di Cuzco.

Qui delle ripide scale si inerpicano sui terrazzamenti fino ad arrivare al cuore del tempio di cui restano solo le rovine.
Percorrendo i 250 gradini si ha la sensazione di tornare nel passato respirando l’odore della cultura Incaica. Ai piedi di questa fortezza si sviluppa una cittadina, stazione di partenza del treno, che porta ad Aguas Calientes, ultimo avamposto prima di salire a Machu Picchu.

Diario di Viaggio Perù – LIMA-

IL MIO PERU’
– Diario di viaggio-
Finalmente è arrivato il grande giorno. Sono pronto per partire per il mio primo viaggio in solitaria. Ho scelto il Perù perché per me vuol dire raggiungere “la meta dei miei sogni”. Questa terra rappresenta la storia della civiltà più affascinante di sempre. Gli Inca. Ahimè i conquistadores spagnoli con la loro invasione, hanno lasciato ben poco della cultura di questà civiltà. Ma la città di Cuzco e l’incredibile cittadella di Machu Picchu hanno ancora tanto da comunicarci compresa la loro incredibile energia.
Inoltre per la maggior parte del tempo sarò lassù tra le Ande accompagnato dal mio zaino, il mio amico fedele, e mischiare la mia sete di conoscenza della storia con la fame di avventura dei selvaggi sentieri delle foreste, dei fiumi, dei laghi e dei Canyon sudamericani rappresenta per me il massimo. Il mio viaggio durerà 20 giorni. Ve lo racconto..
………….
11- 12- 13 Agosto
….
– Partenza dall’Italia e arrivo a Lima. –
Parto da Milano Malpensa e faccio scalo a Barcellona. Riparto e atterro all’aereoporto di Lima di notte alle 00,30 ora locale peruviana del 12 agosto.
Li mi attende un’autista che mi porta in albergo. Sono molto stanco ma incuriosito cerco di osservare dall’auto il mio primo scorcio della capitale peruviana. Passo da quartieri non molto eleganti ma finalmente giungo a Miraflores uno dei quartieri turistici e sicuri di Lima. L’albergo è carino e la mia stanza molto umile e semplice. Cerco di addormentarmi, sono cotto, in aereo avrò dormito solo un’ora.

 

 

Mi sveglio alle 9,00 dormendo forse quattro ore. Apro gli occhi ma non connetto ancora bene. Stento a crederci ma sono in Perù…ce l’ho fatta! Mi faccio una doccia e scendo per fare Desajuno (colazione) Non è male! fette di torta, pane e marmellata succo di frutta. Cè anche il caffe ma non “espresso” però. Beh sempre meglio che niente.

Qui a Lima vive un mio caro amico, trasferitosi ormai più di tre anni fa. Si chiama Alberto e comunicando con lui dall’Italia, mi ha dato una grande mano per l’organizzazione del mio viaggio.
Lo avviso via messaggio del mio arrivo e mi faccio consigliare una zona tranquilla da visitare da solo. Mi consiglia di andare a Miraflores Larcomar o nel quartiere di Barranco. Ma da buon amico mi dice di tenere sempre gli occhi ben aperti. Qui siamo in sudamerica e perdersi finendo in qualche quartiere malfamato è un attimo.
La mia prima camminata solitaria per Lima è fantastica. Osservo la gente, i loro vestiti, i modi fare, le abitazioni, le loro automobli e i loro negozi. Mi guardo intorno incuriosito e affascinato. Arrivato a Larcomar con grande emozione vedo il primo elemento che mi fa capire definitivamente di essere in Perù: L’immenso Oceano Pacifico.
Bellissimo, enorme e si sente il forte rumore delle onde che si infrangono sulla spiaggia. Resto per un istante muto ad a osservarlo. Lo osservo dall’alto perché sotto i miei piedi un’altissima scogliera mantiene questa parte della città di Lima ad un’altezza superiore di circa un centinaio di metri sull’oceano. Quasi a protteggerla. Soffia un forte vento e i surfisti sulla spiagga ne gioiscono.

 

 

Nonostante qui è inverno non fa ne freddo ne caldo. Indosso una felpa.
I peruviani sono molto cordiali e gentili. Nel pomeriggio prendo un taxi e faccio una sorpresa ad Alberto raggiungendolo nel negozio dove lavora. Che bello rivederlo! ci abbracciamo.
Riprendo il taxi e dopo aver cenato torno in albergo. Sono troppo stanco a causa soprattutto del fuso orario e penso che tra due giorni inizierà il mio tour de force sulle Ande…Vado a dormire presto alle 21,00 crollo nel mondo dei sogni..
Ho dormito troppo quasi dieci ore, ma cosi facendo ho recuperato un pò di sonno causato dal jet leg!
Prendo il mio zaino ed esco in esplorazione per la città. Lima è una città caldissima sotto il profilo del traffico automobilistico. Sono tutti dei pazzi. Suonano in continuazione il clacson e non seguono nessuna regola, tutti cercano di superarsi a vicenda tagliandosi la strada. Non guardano i divieti ma almeno si fermano ai semafori rossi. La cosa strana è che i poliziotti non fanno nessuna multa e non fermano nessuno.
In compenso i tassisti sono simpaticissimi. Alcuni ballano mentre guidano con la musica latina dell’autoradio. Il trucco con loro è trattare sempre ogni corsa, se ti chiedono 20 soles tu gli dici che paghi 10 e cosi via..
lo stessa cosa la si fà nei negozi. Bisogna trattare tutto dall’acquisto di una maglietta bianca al più colorato dei maglioni d’alpaca. Solo nei ristoranti non si tratta.

 

 

Verso mezzogiorno incontro il mio amico Alberto con sua moglie Wendy e la loro piccola Luciana e mi portano a mangiare in un ristorante a buffet dove posso assaggiare quasi tutti i piatti tipici peruviani. Il cibo peruviano è buonissimo, una delle cucine più rinomate al mondo. Infatti rimango a bocca aperta.. ma poi beh, la chiudo per masticare! Si passa da buonissimi antipasti di zuppe a piatti a base di patate. Qui ne esistono più di trecento tipi. Poi il rocoto relleno, un grosso peperone piccante ripieno di carne e formaggio fuso. La palta a la reina un avocado con isalata russa. Anche il pesce è squisito! tra i piatti tipici il Pescado a la macho, la Chupe, e il Ceviche. Poi la carne con filetto di vitello, agnello o alpaca, il Lomo saltado, il Pollo Asado. Infine i dolci con il dulce de leche e il suspiro limeno. Questi sono solo alcuni dei piatti che ho assaggiato.
Prima però abbiamo iniziato con un buon bicchiere di Pisco Sur, un cocktail tipico del Perù.
Brindiamo a questo mio viaggio e al nostro incontro. In serata li saluto e orgogliosi mi fanno un grande in bocca al lupo per il viaggio che sto per intraprendere da solo sulle Ande. Sanno che sarà un tour de force avventuroso. Ma io sono pronto e domani ho l’aereo per Cuzco! la capitale dell’impero Inca.. Mi aspettaranno poi altre meraviglie tra cui il sogno della mia vita: Machu Picchu…

MAURITIUS e la sua anima – Diario di viaggio

Sarà stato solo un sogno, ma posso assicurarvi che al mio risveglio avevo ancora  la bocca spalancata dall’emozione mentre ripensavo a quello che avevo appena vissuto. Ricordo di essermi catapultato all’improvviso all’interno di un immenso giardino dell’eden. Banani ,palme, ibisco, frangipane e frutti tropicali coloravano l’intero paesaggio di profumi e colori estasiatici. Camminavo accaldato con indosso la mia canottiera e sulle spalle portavo uno zainetto mentre scimmiette e pappagalli rallegravano con la loro presenza la selvaggia natura incontaminata che mi circondava. Afferrai la mia macchina fotografica pronto per catturare con uno scatto i momenti più suggestivi.

 

Affascinato mi voltai , notando ampie distese di canna da zucchero , the e vaniglia che con il loro profumo mi condussero insieme alla deliziosa fragranza del fiore di frangipane, all’interno di un piccolo villaggio. Uomini e donne sorridenti banchettavano all’aperto con piatti piccanti speziati dai sapori forti. Quei caratteristici odori stuzzicarono in me l’appetito e per un attimo riuscirono addirittura  a farmi dimenticare il buon profumo di vaniglia e frangipane. Il sorriso di un uomo gentile, mi donò poggiando nelle mie mani un piatto contenente una squisita prelibatezza da assaggiare. Ma il richiamo di un delfino mi fece ricordare che dovevo proseguire la mia marcia fino al mare. Giunsi su una spiaggia di sabbia bianchissima che leggiadra si strofinava pungente sulla mia pelle abbronzata dal sole dei tropici.

 

Davanti ai miei occhi , uno spettacolo maestoso : l’mmensità dell’oceano indiano. Ma nonostante la sua grandezza, sapevo di essere protetto da un meraviglioso muro di coralli colorati che come una cinta circondavano quel giardino e la sua cristallina piscina salata. Nel frattempo qualche imponente onda oceanica in lontananza tentava invano di penetrare oltre la cinta, con il muro naturale della barriera corallina che potente le respingeva. Tranquillizzato e Innamorato dalla cristallinità di quell’acqua tiepida, mi tuffai nuotando tra delfini e tartarughe. Incontrai alcune specie di pesci che fin ora avevo visto solo negli acquari. Mi senti leggero, felice senza il peso dello stress della mia normale vita. Mi sembrava di volare immerso nel blu di quella parte calma e tranquilla dell’oceano. Poi di colpo iniziò a piovere. Era la classica nuvola di pioggia giornaliera che dall’alto bagnava l’intera isola. Era ora di tornare all’interno del giardino e andare a caccia dello scatto più bello e suggestivo da fare.

 

Alzando lo sguardo però, uno strano animale simile a una gallina mi fissò domandandomi: – Straniero, prosegui il tuo viaggio senza far del male a questa terra .-
Rimasi di sasso. Ma poi lo strano essere scomparì e senza dar molto peso alle sue parole continuai a camminare.
Il sentiero mi portò dritto verso un lago chiamato ” Gand Bassin” ” dove l’altissima statua del dio Shiva sorgeva impetuosa . Un pappagallo cinguettandomi nell’orecchio mi sussurrò che per la gente induista del posto il lago era sacro. Scrutando il lago e sulle sue sponde notai con grande fascino che vi sorgevano  numerosi templi induisti. – Ecco questo è un altro ottimo motivo per scattare una foto. –  pensai . Poi in silenzio entrai in un tempio rigorosamente a piedi scalzi .

 


Ma il pappagallo molto saggio mi consigliò di proseguire il mio cammino fino a “Chamarel ” promettendomi che li avrei trovato il più chimerico scatto fotografico che cercavo. Mi disse di proseguire dritto per qualche chilometro sopra il monte e poi ci sarebbe stata Tarta, una tartaruga gigante che mi avrebbe accompagnato a Chamalet. Lo ascoltai e poco dopo incontrati proprio Tarta. Era enorme ma gentile e mi disse di risalire sul monte ancora un po’ più in alto e che poi avrei assistito a uno spettacolo della natura unico al mondo. Sali più sopra arrivando a destinazione. Vidi qualcosa di unico al mondo. Rimasi immobile con la bocca spalancata. Ammirai una zona ricoperta da sette strati di sabbia ognuno di colore diverso (rosso, marrone, viola, verde, blu, porpora e giallo) Uno spettacolo naturale dato alla vita dai caldi raggi del sole contro la terra di origine vulcanica di quell’esclusivo luogo.

 

Altre tartarughe giganti che tranquille passeggiavano sopra quella fantastica terra colorata guardandomi perplesse mi domandarono : – Ma lo sai come si chiama questo posto? –
– No.- gli risposi
– Si chiama Terra dei sette colori . – mi risposero in coro pappagalli , tartarughe e quello strano animale simile a una gallina che avevo incontrato poco prima .  Presi la macchina fotografica e scattai una foto ad dir poco meravigliosa . Ma come in tutti i sogni venni sbalzato imprevedibilmente di nuovo in mare , dove un delfino mi trasportò su un isoletta incantevole chiamata ” L’isola dei Cervi”.
Una volta giunto sulla più piccola isoletta mi accorsi che il mare e la spiaggia sembravano ancora più cristallini . Con mio grande stupore osservai sotto riva, centinaia di stelle marine che garbate abitavano il cielo azzurro dell’oceano. Ne presi una in mano estraendola fuori dalla superfice dell’acqua.

Ma a quel punto lo strano essere somigliante una gallina appollaiato a riva tra le palme osservandomi esclamò – No straniero, le stelle marine non possono vivere se estratte fuori dall’acqua del mare .- Sbalordito e confuso rilasciai immediatamente la stella sommergersi nell’acqua .
A quel punto incuriosito gli domandai.
– Ma tu cosa sei? –
Lo strano essere apri le ali e con fare aggraziato mi rispose:
– Ma come non lo sai ? Sono l’anima dell’isola straniero..tutti mi chiamano DODO .-,

La commozione mi congelò il sangue . Caddi nell’acqua svenuto e privo di sensi .
Mi risvegliai nel mio letto ancora emozionato .
Avevo parlato con un animale estinto da secoli , nato e cresciuto soltanto su quell’isola paradisiaca e che a causa dell’invasione dell’uomo si era estinto per sempre .

L’isola di Mauritius è uno dei pochi paradisi terrestri rimasti che ho avuto la fortuna di visitare . Spero con tutto il cuore che l’anima del Dodo protegga quest’isola per sempre . Sarebbe bello pensare che un giorno il Dodo , possa tornare a giocare tra le canne da zucchero, nella vaniglia o sulla terra dei sette colori del vulcano . Sperare non costa niente , anche se in questo caso “sognare ” un suo ritorno sembra molto più logico .  Che dio benedica la natura e .. che dio punisca la cattiveria dell’uomo .

Alessandro Cusinato