Diario di viaggio – OMAN – Muscat

Muscat. Capitale dell’Oman.  La città sorge sul golfo dell’Oman ed è circondata solo da montagne e deserto.
Camminando per le vie della città noto immediatamente che l’antica tradizione araba ha preso il sopravvento sulla ricchezza derivata dal petrolio.
Mi aspettavo di entrare in una città araba come Dubai, Abu Dabi o Doha ormai sopraffatte dai milionari soldi dell’ oro nero che ne hanno cambiato per sempre la loro immagine.
Invece con mio sorprendente stupore noto che nessun grattacielo si innalza tra la sabbia del deserto, ma solo case basse bianche, tipiche della tradizione araba.
Addentrandomi nelle viette della vecchia old town l’odore di incenso soffoca i miei pensieri.
Cammino fino al porto entrando in una grande piazza rettangolare sulla quale si affaccia il Palazzo del Sultano.
Qui però la prima cosa che balza agli occhi è la grande ricchezza di cui è costituito il palazzo. Le colonne della sua facciata sono arrotondate e il colore che lo decora è l’azzurro e il color oro. Uno spettacolo d’architettura  costruito circa duecento anni prima dal Sultano Bin Ahmed.
Socchiudo gli occhi restando ipnotizzato dalla voce che fuoriesce da un altoparlante, che leggera rimbalza nella piazza fino alle mie orecchie. E’ La voce di un Imam che prega, rendendo questo luogo davvero magico.

sultano

Giungo finalmente alla grande Moschea del Sultano. Il colore bianco delle mura domina la scena, trasmettendo a tutti una sensazione di purezza. Una grande cupola contornata dal color dell’oro rende al sito religioso potenza e ricchezza.
La moschea è di costruzione recente terminata nel 1996.
Prima di entrare, degli addetti alla moschea, mi consegnano una tunica da indossare.
È di colore grigio e mi copre ogni parte del corpo esclusa la faccia. Copre sopratutto i miei tatuaggi non benvenuti all’interno della casa di preghiera islamica. Infine Prima di entrare mi tolgo le scarpe. Ora sono finalmente pronto mentalmente, ad addentrarmi in quella mistica atmosfera..
Sembra di essere immersi in un atmosfera fiabesca tipica delle storie de Le Mille e una notte..
Faccio il giro di tutta la Moschea circondata da cinque minareti simbolo dei cinque pilastri dell’Islam:
 1- Le testimonianze di fede
2- Le preghiere rituali
3- l’elemosina
4- Il digiuno durante il mese di Ramadan
5- Il pellegrinaggio a La Mecca
Attraverso la cosiddetta stanza delle donne ed entro in quella degli uomini famosa per aver al suo interno il secondo tappeto più grande al mondo e il lampadario più grande, interamente costituito da cristalli di Swarosky. La guida mi racconta che l’imponente tappeto di oltre quattromila metri quadrati è stato annodato a mano da seicento donne in soli quattro anni di lavoro.
Rimango affascinato dalla bellezza della moschea, un luogo magico, mistico e meraviglioso.
L’Oman è uno degli stati arabi ancora non “rovinati” dai profitti derivati dal petrolio.
La sua natura è ancora intatta come le sue tradizioni, e lo rendono uno stato tra i più affascinanti ed accoglienti d’Arabia. Tutto questo grazie al loro Sultano che non si è fatto abbindolare dalla ricchezza sfoggiata dagli sceicchi suoi vicini di casa degli Emirati Arabi che per attirare turismo hanno costruito cemento su cemento, sfidando e superando ogni record del mondo. Così facendo hanno portato si del benessere al loro popolo, ma hanno cancellato per sempre i veri valori e le tradizioni arabe che unite alla natura selvaggia di questa arida e rovente terra lo rendono uno dei luoghi più affascinanti del mondo. Un pezzetto di cuore io lo lascio qui, tra le terre selvagge e ricche di storia dell’Oman.
Alessandro Cusinato

Diario di viaggio- EMIRATI ARABI- Abu Dhabi & Dubai

Eccomi ad Abu Dhabi la capitale degli Emirati Arabi. Una città affascinante, ancora non del tutto costituita da grattacieli e cemento. Questo la rende ai miei occhi, una piacevole città da esplorare. Si può definire un misto tra la bellissima Muscat in Oman e la super innovativa Dubai. Qui negli Emirati, Il giallo del deserto ne domina il territorio, ma appena si entra in questa città non si può non essere rapiti dal colore bianco della moschea più grande d’arabia: la “White Moschee”. Costruita di recente, terminata nel 2007. Può ospitare fino a 41000 fedeli.

 

 


Entro in questa moschea indossando una tunica bianca che mi rende parte integrante di essa… anche qui come in ogni sito religioso del mondo, noto la grande ricchezza dei materiali con cuoi è costruita. Il tappeto più grande del mondo, lampadari di Swaroswi ecc.. Inoltre i 99 nomi di Dio nel Corano sono presenti sul muro di Qibla… e all’interno un Imam canta preghiere islamiche, rendendo questo luogo più mistico del solito. Davvero emozionante… Esco dalla Moschea arricchito e ancor più consapevole che ogni religione merita di essere rispettata per le sue tradizioni e i suoi affascinanti ideali. Il giorno successivo navigo nel Golfo Arabo fino ad attraccare nell’isola di Sir Bani yas.

Sir bani yas
sir bani yas

E’ un isola naturale dove si possono incontrare più di trenta specie di animali in libertà che vengono salvaguardati dall’uomo. Si può navigare in kayak e assistere al volo di fenicotteri, cormorani, codoni, aironi grigi e l’uccello più simbolico… l’orice d’Arabia. Poi tartarughe di mare, gazzelle, antilopi, e pecore. Adoro quest’angolo selvaggio d’Arabia!
Con il mio zaino mi addentro nel deserto Arabico dove incontro branchi di cammelli, isolati arbusti, rocce e alte dune. Un oceano di sabbia selvaggia che sembra non finire mai… Questa si che è pura avventura!

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deserto

DUBAI

Non sono molto esaltato all’idea di visitare per la prima volta Dubai. Città del lusso sfrenato, dei record battuti, degli edifici ultramoderni. Da amante della natura selvaggia e della tradizione storica dei popoli, credo fortemente che sia l’ultimo posto al mondo che meriti di essere visitato! Ma credo anche che una volta nella vita ogni singolo posto del mondo debba essere visto. Anche il più brutto e il meno accogliente! Così eccomi qua nel luogo dove il cemento e il petrolio ne fanno da padrone. Visito la nuova città e ovunque mi giri incontro arabi straricchi con donne bellissime, macchine da sogno e grattacieli.

 

 

Da buon turista zaino in spalla mi accingo a visitare i posti per me più interessanti come l’acquario più grande del mondo, la spiaggia, e poi boh.. nient’altro penso… Almeno a me personalmente questa città non dona nessuna bella emozione. Cè addirittura una pista da sci dentro un centro commerciale compresa di pinguini! No no! mi dispiace ma non ci siamo proprio… Comincio a odiare questa città. Non cè nessun angolo di natura e di tradizione araba. Prima di andare via però assisto allo spettacolo creato attraverso giochi d’acqua dalla mega fontana vicino al grattacielo più alto del mondo: il Burj Khalifa.
Ecco forse questi venti minuti di giochi pirotecnici d’acqua riescono a suscitare in me un briciolo di emozione…

 

 


Fortunatamente esiste una “Dubai vecchia” lontana qualche chilometro dalla modernità della nuova, composta da case arabe, deserto e un grande Suq, il mercato arabo. Qui finalmente mi sento a casa. Dentro di me tornano le sensazioni che rendono un viaggiatore avventuriero vivo! Giro per tutto il mercato respirando l’odore d’incenso e odorando il profumo dei cibi arabi. Mangio dei datteri e bevo un buonissimo the! Acquisto dopo una lunga trattativa un Narghilè che orgogliosamente porto a casa in Italia.

 

 


Lascio Dubai un po’ deluso ma comunque arricchito. Visitandola ho capito quanto sia enorme la forza derivata dai denari del petrolio. Con esso hanno potuto costruire un mondo dove prima vi era  solo deserto o ancora meglio solo dell’acqua. Si perché sono state costruite anche delle isole artificiali nel golfo! Pazzesco!
Concludo questo viaggio portandomi dentro la bellezza dei deserti, dell’sola naturale di Sir Bani Yas, delle moschee e di tutta la terra dell’Oman.
Lascio invece fuori i grattacieli, le macchine lussuose, i centri commerciali e le isole artificiali, costruite sfidando le leggi di madre natura sfruttando una delle sue materie prime. Questi beni materiali non sono riusciti in nessun modo a regalarmi emozioni. Anzi al contrario, mi hanno creato ansia nel vedere un mondo finto creato solo per illudere la felicità degli uomini.

Diario di Viaggio- BELGIO

BRUXELLES, BRUGES e GENT

Vi racconto del mio tour belga trascorso girovagando per Bruxelles, Bruges e Gent. Famoso per la sua capitale Bruxelles sede del governo dell’unione europea, Il Belgio è uno stato ricco di storia, arte e natura. Insomma tanti validi motivi per visitarlo almeno una volta nella vita.
Il mio tour parte proprio dalla capitale Bruxelles e con il mio zaino in spalla inizio a girovagare per le vie della città. Molti palazzoni vecchi e altrettanti grattacieli nuovi ne costituiscono la sua personalità.. molto cemento e poche emozioni. Questo è quello che vedo e che penso al primo impatto.
Cosi mi butto nella ricerca dell’arte culinaria belga. Qui Il cioccolato è una squisitezza e la birra è la mia preferita in assoluto!
Ma la mia curiosità visiva, per ora rimasta un po’ delusa, viene poi ripagata al mio ingresso nella ” Grand Place” la piazza centrale di Bruxelles. Torri e palazzi in stile gotico ne fanno da cornice e io immobile nel centro mi sento avvolto in un vortice carico di storia, arte e bellezza.

Mi giro continuamente, guardandomi intorno esclamando ” Wow! sono al centro di una delle piazze più belle del mondo..!” di fatto iscritta nel patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Qui ci passerò la notte di capodanno festeggiando con i miei due amici Chiara e Cristian l’avvento del nuovo anno. Brinderemo con tanta buona birra..
I giorni successivi mi muovo in metro e raggiungo la zona del parco Heysel per visitare l’Atomium, un monumento in acciaio alto 102 metri rappresentante i 9 atomi, che ne simboleggia la città dopo l’esposizione universale del 1958.


Ma il mio vero obbiettivo è recarmi al vecchio “stadio Heysel” ora ricostruito e rinominato “Re Baldovino” per rendere omaggio ai miei fratelli juventini morti tragicamente durante la finale della coppa dei campioni del 1986. La tragedia è tristemente famosa in quanto una tribuna dello stadio chiamata settore Z, crollò per l’invasione di molti hooligans inglesi. A causa del loro accesso e delle violenze la tribuna crollò schiacciando molti tifosi italiani. Appena giunto davanti allo stadio un vuoto freddo e profondo mi pervase l’anima. Il cielo sembrò più grigio e un silenzio tombale riecheggiava tra i quattro riflettori, le tribune e il mio sguardo.
Immaginai quegli attimi di terrore ripensando alle tante immagini viste in tv che sancivano quella maledetta violenza.

BRUGES

Il giorno dopo, viaggiando in treno da Bruxelles, giungo nella capitale delle Fiandre: la meravigliosa Bruges. Si meravigliosa! questo è il termine adatto per definire questa cittadina a nord-ovest del Belgio. Qui camminando per i sentieri ciottolati ci si può innamorare a prima vista di questa “Venezia” belga… la cittadina medioevale è interamente attraversata da splendidi canali che ne caratterizzano la sua sua identità. Mi fermo più volte a scattare decine di foto a ogni scorcio caratteristico composto da ponti, case basse e chiese fiamminghe.


Arrivato nel centro storico, brindo con della buonissima birra insieme ai miei compagni di viaggio Chiara e Cristian.
Anche questo luogo è stato proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Fa molto freddo ma è impossibile resistere alla tentazione di fare un giro in battello tra i canali. Cosi girovaghiamo per la città ricercando dalla superfice dell’acqua ogni angolo nascosto di questo paese fiabesco. Il colore giallo e marrone delle foglie cadute fa da tappeto a gruppi di cigni e anatre ci accompagnano seguendo la nostra navigazione.
E dopo la leggera nebbia che ci ha accompagnato per tutta la mattinata, come nelle migliore favole, arriva anche qui il lieto fine! Finalmente ci pensa il sole con i suoi raggi a ravvivare il colore invernale riflesso dai canali sulle foglie appassite.

GENT

Un successivo viaggio in treno mi conduce ancora nelle Fiandre nell’antica contea di Gent. Altra meravigliosa scoperta! città fiamminga dal fascino incredibile. La definirei un misto tra Amsterdam e Bruges dove i canali e i vicoli caratteristici rapiscono la mente per poi restituire dei pensieri ricchi di ispirazione. Il cielo è grigio e Gent veste il suo abito più freddo ma nonostante ciò la sua bellezza non ci congela affatto il cuore ma lo riscalda di ammirazione.

Tutta la città come Bruges è patrimonio Unesco. Osservo la cattedrale di San Bavone e sul lato opposto il Belfort. Gent è una delle poche città dove è possibile trovare ogni stile architettonico. Qui infatti è nato lo stile dei tetti a scaletta esportato poi in Olanda dai protestanti fiamminghi.
Termino il mio tour nel Belgio arricchito e pieno di ispirazione. Mi prometto un giorno di ritornarci magari in una stagione più calda. Le Fiandre del nord sono una delle regioni più interessanti d’Europa e averle visitate mi hanno fatto scoprire un mondo nuovo pieno di arte e architettura. Ma il vero vincitore per me qui è la birra! Non esiste al mondo birra più buona di quella belga…

Cin Cin !!! alla salute !!!

Alessandro Cusinato

Diario di viaggio- Thailandia

Viaggio fatto nel febbraio del 2015.

Vi racconto quel che ho vissuto a Phuket, un’isola nel sud della Thailandia bagnata dall’oceano indiano e famosa per le sue spiagge bianche e coralline. Passo il primo giorno nella meravigliosa spiaggia fuori dal mio resort. L’ambiente è meraviglioso ma molto suggestivo… si è bellissimo ma… è una di quelle spiaggie colpite dallo Tsunami del 2006 e sdraiarsi al sole su questa sabbia mi fa rabbrividire. Cerco di non pensare troppo agli attimi terribili accaduti anni prima, ma la mia immaginazione e sensibilità non riescono a riportarmi con la mente al presente. Per diversi istanti rimango immobile nell’osservare l’orizzonte dell’oceano per poi tornare con la mente sulla spiaggia ripercorrendo col pensiero la pazza corsa di quelle dannate onde. Sono attimi di una stranissima emozione. Fortunatamente il tempo passa e dentro me sospiro pensando che fa tutto parte del passato. Pian piano mi rilasso e verso sera mi godo uno dei tramonti più belli della mia vita.

Il giorno successivo vado in escursione nella vicina cittadina di Patong. La città è molto caotica e povera. Per le strade si incontrano fiumi di turisti di tutte le nazionalità e tanti thailandesi pronti a sfruttare in ogni modo l’unica loro fonte di guadagno. La povertà qui è molto alta e i turisti sono per loro oro caduto dal cielo. Si contratta su tutto dalla vendita di una maglietta all’assaggio di insetti cotti! si! qui il mangiare non è affatto male, da piatti a base di riso,pesce o carne fino agli insetti… e se si viene qua non si può non provare i famosi massaggi thailandesi.


Nei giorni successivi faccio diverse escursioni in motoscafo nelle stupende isole intorno a Phuket. Esploro anche Phi Phi Island famosa per essere stata il set del film “THE BEACH” con Leonardo Di Caprio. Ma l’escursione mi delude, causa del troppo affollamento di turisti che invadono la piccola spiaggia paradisiaca… manco fosse il peggior ferragosto di Rimini! Insomma molto meglio avventurarsi in qualche altra caletta dispersa nell’oceano, molto meno famosa ma più silenziosa e selvaggia.


Navigando capita spesso di gettarsi in acqua per nuotare e fare dello snorkeling. Quello che si vede intorno è un meraviglioso spettacolo della natura. Scogliere a picco su un mare verde smeraldo e spiagge bianchissime ricche di sabbia finissima. Sopra le scogliere una fitta foresta verde abitata da simpatiche scimmiette che dall’alto dei rami ti osservano intente a difendere il loro territorio.

 

Torno in Italia con la consapevolezza di essere stato in un paese meraviglioso ma molto povero dove la più grande fonte di ricchezza è portata da noi turisti. E’ un vero paradiso in terra. Hanno mare, spiagge da sogno e una jungla affascinante da esplorare. Ma se ci si allontana dalle spiagge e ci si addentra all’interno delle città si prova un senso di tristezza osservando uomini e donne pronte a tutto pur di guadagnarsi da vivere. La sera le ragazze ti chiamano per intrattenerti all’interno di un pub o di un locale e se si è single è facile uscirne “fidanzati”. I thailandesi sono un popolo magnifico, capace di sorridere sempre. Ti contagiano fino a non farti smettere di essere felice per tutta la durata del viaggio. Dopo lo Tsunami del 2006 si sono rimboccati le maniche e con la forza di volontà hanno ricostruito tutto compreso le loro paure contenute nelle loro anime. Tornerò sicuramente in Thailandia per visitarne il nord, per scoprire la sua splendida natura e il suo popolo che non si è mai arreso e mai lo farà usando come arma il proprio sorriso.

 

 

 

Osservando la nascita del Rio Delle Amazzoni

Diario di viaggio Perù – CANYON DEL COLCA

25 AGOSTO – CANYON DEL COLCA

La partenza è alle consuete tre del mattino da Arequipa.  Dopo più di tre ore di bus, all’aba giungo a Chivay salendo poi fino a quota 4350 metri. Il paesaggio incomincia a trasformarsi diventando quasi lunare. Cactus, siepi basse, ed erba gialla lo rendono simile ad un deserto ad alta quota.  E’ il grande cratere scavato dalle forze erosive del fiume Colca.

Il nome Colca si riferisce ai granai di fango e pietra scavati in epoca Inca e pre Inca nelle roccie del Canyon. Si tratta del secondo Canyon più profondo al mondo. Il paesaggio è davvero suggestivo e unico, respirare non è facile a causa della mancanza di ossigeno derivata dall’altura. Ma fortunatamente il mio corpo presente a queste altitudini da molti giorni si è ormai acclimatato e non soffro più di problemi di questo tipo.
Ma lo scopo principale di questa escursione è quella di assistere al volo di uno dei sacri animali Inca, il protettore del regno di sopra: Il condor.
Il bus si ferma in un punto strategico dove sono presenti dei miradores naturali.

Qui osservo tutta la bellezza e la profondità di questa valle incantata compresi i vulcani Coropuna e Ampato. Pareti a strapiombo fanno da casa a una decina di Condor che all’improvviso mi svolazzano davanti.
E’ un emozione fantastica osservare queste splendide creature intente a dominare dall’alto tutto il Canyon. Osservandoli mi rendo conto di essere in una valle sacra dove questi imponenti esemplari volando proteggono con le loro ali il padre di ogni Inca: Il Dio Sole Inti.
Proseguo il mio viaggio atttaversando le strade strette e a picco del Canyon giungendo in un luogo magico. Mi siedo su una roccia a strapiombo che costeggia la strada e guardando davanti a me verso l’orizzonte, noto un piccolo puntino bianco in cima ad un’alta montagna. La guida mi dice che quello è il Nevado Mismi, il ghiacciaio da dove nasce il Rio Delle Amazzoni.

Osservando la nascita del Rio Delle Amazzoni
Osservando la nascita del Rio Delle Amazzoni

<< Wow !>> esclamo io…
Resto ammutolito, incantato e senza parole.
Per me è uno dei momenti più emozionanti di tutto il viaggio.. Cerco di immaginare come possa nascere da un puntino cosi piccolo il corso d’acqua più lungo al mondo.. un fiume mitico che attraverserà Perù, Colombia e Brasile bagnando la foresta amazzonica. Insomma sto assistendo al parto di Pachamama madre natura, che dà alla luce una delle sue creature più influenti per la vita di altrettante creature della nostra terra.

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Fiume Colca

 

 

 

 

 

 

 

 

Diario di viaggio Perù- MONTAGNA ARCOBALENO

16 AGOSTO
Montagna arcobaleno (Apu Winicunca)
la sveglia suona alle 2,30 di notte. Sono teso ed emozionato perchè quest’oggi affronterò un’avventura molto particolare. Non da tutti. Superare i 5000 metri d’altitudine camminando per ore con pochissimo ossigeno.
Ho visto molti filmati riguardanti questa escursione e sò che non è facile affrontarla, ma la voglia di esplorare e superare me stesso è troppa.
Alle 3,30 passa la guida peruviana a prendermi e dopo una camminata per le vie dormienti di Cuzco, alle 4,00 salgo sul bus che mi condurrà lassù a quota di partenza di 4500 metri.
il viaggio in bus dura circa tre ore e le passo tutte dormendo. Meglio cosi perchè almeno non assisto alle manovre da pazzo che compie l’autista del bus sui sentieri a picco delle Ande.

 

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Verso le 7,00 arriviamo a destinazione. Scendo dal bus e il paesaggio che mi accoglie è uno dei più suggestivi al mondo. Un’ampia vallata di rocce di color giallognolo e marrone contornate dalle cime più alte delle Ande Sudamericane.  Al campo base domina un grande cartello verde con incisa la scritta “Welcome to mountain colours Apu Winicunca”

Fà molto freddo e subito vengo colto da giramenti di testa e mancanza di respiro, del resto siamo a 4500 metri e me lo aspettavo.
Noto che la stessa situazione stà capitando un pò a tutti. Siamo circa una sessantina di escursionisti di tutte le nazionalità : italiani, peruviani, cileni, brasiliani, argentini, americani, australiani, francesi ecc.. e quasi tutti siamo storditi da quest’aria rarefatta!
Le guide peruviane ci raggruppano in cerchio e da veri leader ci incoraggiano urlandoci contro tutta la loro carica.
Ma mi sento davvero scarico e non acclimatato a questa quota di altura. In effetti sono a Cuzco da soli due giorni e salire qui sopra cosi presto forse è stata una cazzata! era meglio aspettare ancora un giorno almeno, in modo che il mio corpo meglio abituato all’altura ne soffrisse meno la mancanza d’ossigeno. Questo è quello che mi passa per la testa… Ammetto che un pò di ansia mi era salita ma il mio carattere deciso e determinato mi fa calmare. Respiro o almeno ci provo parlo con il mio zaino dicendogli andrà tutto bene!
Entriamo in un tendone del campo base e facciamo una ricca colazione a base di cioccolata, pane, e sopratutto mate de coca.
Il cammino che ci porterà fino a quota di 5200 metri ad ammirare la terra colorata durerà circa tre ore. Cosi Finita la colazione decido insieme ad altri escursionisti di affrontare la prima parte del cammino con l’aiuto di un cavallo. Qui conosco Julia, una splendida ragazza francese anche lei in viaggio da sola.
Insieme cavalcando due cavalli percorriamo il primo tratto di salita. Il colpo d’occhio è bellissimo.

 

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Non sembra di essere sulla terra ma su un altro pianeta. Alte cime Andine probabilmente di 6000 metri ci sovrastano e sulle loro cime si intravede il bianco della neve. Un paesaggio lunare, colorato di malinconici colori giallastri mischiato al verde del muschio, ci ipnotizza. Il profumo dell’aria limpida e incontaminata si inebria dell’intenso odore delle erbe di montagna.
Intorno a me alcuni uomini andini mi seguono con lo sguardo accompagnandomi in caso di bisogno fin sù in cima. Vestono con abiti pesanti, maglioni di alpaca colorati e parlano il Quecha. I più anziani sorridono mettendo in evidenza le rughe, disegnate sui loro volti come fossero montagne scavate nella loro valle di esperienza.
Sono molto poveri è vero.. ma dentro di loro sono molto più ricchi di noi. Vivono in questo paesaggio lunare lontano da tutto e tutti. Vivono in casette di pietra o in tendoni ma quando la mattina aprono gli occhi non vedono lo stress di un sole spento e frettoloso, ma l’azzurro del cielo macchiato dal bianco limpido delle nuvole lente.
il profumo dell’aria fredda mi accompagna e il cielo è più azzurro che mai.. A causa dell’aria pura con poco ossigeno i colori sembrano più intensi più vivi. Branchi di Alpaca pascolano indisturbati liberi di fianco a noi.

 

E’ meraviglioso!
Mi giro ad osservare Julia e noto che anche lei come me si stà emozionando..
L’ultima parte del percorso è da affrontare senza cavallo. Gli ultimi 400 metri sono faticosissimi l’ossigeno è sempre meno e la testa comincia a farmi male. Temo possa accusare il “soroche” ovvero il mal d’altura come lo chiamano qui. Questo può portare a giramenti e mal di testa, mal di stomaco, vomito e persino edema polmonare. Ma sono molto determinato e cerco di non pensare al peggio delle ipotesi.
Piano piano giungiamo a quota 5000 metri! Resto incantato da cotanta bellezza ..
In meno di un attimo il mal di testa sembra passarmi, l’ossigeno di colpo ritornare e la fatica scomparire.
Davanti a me le montagne sono colorate!!!

 

Rimango sorpreso e con la bocca spalancata assaporo tutto l’arcobaleno che ricopre come una coperta la superfice fredda delle montagne.
Si passa da strati di verde al rosso, dal grigio al giallo, dal viola fino al blu.. Qui la natura si è davvero superata dipingendo ad alta quota il suo capolavoro usando un pennello colorato sulla tela insidiosa delle Ande.
Io e Julia scattiamo numerose foto, sia con la macchina fotografica ma sopratutto con la mente.
Saranno scatti che le nostre emozioni non dimenticheranno mai. Il vento soffia sempre più forte e il mal di testa sembra aumentare, ma i nostri corpi ipnotizzati dai meravigliosi colori non ne vogliono sapere di tornare.
Ci addentriamo ancor di più nel cuore della montagna seguendo un difficile sentiero ma ogni passo fatto è equivalente a farne dieci e il fiatone derivato dall’aria rarefatta sta per sfinirci. E’ un ambiente troppo tosto e restarci per troppo tempo può portarci a stare male.
Decidiamo di tornare indietro verso il campo base. Ci aspettano almeno altre due ore e mezzo di cammino in discesa ma pur sempre senza ossigeno.

 

La discesa a quest’altura può sembrare più facile da affrontare ma invece cosi non è.
Il mal di testa inizia a farmi soffrire e anche Julia accusa il colpo. Mastichiamo caramelle alla coca e con il loro aiuto continuiamo la discesa. Intorno a noi branchi di alpaca ci osservano in silenzio. alcuni di loro alzano il collo e fissandoci sembrano dirci ” Non fermatevi manca poco ce l’avete quasi fatta! “. Sono stupendi ci fermiamo qualche istante ad ammirarli.
Due ore più tardi giungiamo stremati al campo base. Pranziamo.
Parlo con Julia ed emozionata mi sussurra che viaggiare da soli è la cosa più bella del mondo, l’arricchimento interiore migliore e che l’esperienza di oggi l’ha memorizzata per sempre nella sua mente e nel suo cuore.
La guardo e sorrido. Penso anche io la stessa cosa. Le dico che sono felice di averla conosciuta. Lei mi risponde ” Lo sono anche io” . Questa montagna e questa ragazza mi hanno donato un qualcosa di magico. La cosa bella è che telepaticamente comunicavo con Julia in ogni singolo istante anche senza volerlo. Questo succedeva grazie a questo luogo incantato e a questi sentieri colorati che ispiravano nelle nostri menti le stesse identiche emozioni.

Diario di viaggio Perù – CUZCO e VALLE SAGRADO

14 agosto
– Verso l’ombelico del mondo – Cuzco
Sto volando verso Cuzco! non ci credo ancora.. Sono troppo emozionato. Tra poco più di un’ora sarò nell’ombelico del mondo..
Così era chiamato dagli Inca. Cuzco in lingua quechua significa proprio “centro” “ombelico”. Già perchè era la capitale dell’impero Inca, nonchè il “centro del mondo”.
L’ho ammirata centinaia di volte sui libri, nei documentari e ogni volta provavo un senso di attrazzione energetica incredibile. Proprio come mi succede osservando le foto e i video di Machu Picchu.
Ma per provare questo tipo di sensazione bisogna conoscere la sua storia. Una leggenda attribuisce la sua fondazione ad un essere leggendario chiamato Manco Capac, insieme a sua sorella e consorte Mama Ocllo, divenuto poi primo imperatore.
La leggenda inoltre dice che questo luogo fu rivelato da Inti (il dio sole). La mappa di Cusco antica ha la forma di un puma ( animale sacro) con la piazza centrale occupata dal petto dell’animale. La testa del puma sarebbe ubicata nella collina dove sta la fortezza di Sacsayhuamàn. La città è situata al centro della cordigliera ad un altitudine di 3400 metri. Era chiamata “centro” “ombelico” perchè secondo la mitologia Inca in essa confluiva il mondo degli inferi ( Uku Pacha) con il mondo visibile (Kay Pacha) ed il mondo superiore (Hanan Pacha). Un luogo mistico, magico carico di energia.

 

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– Atterraggio a Cuzco –
Appena l’aereo apre gli sportelloni vengo colpito da un forte un giramento di testa. Sento troppo la differenza di altura e incomincia a mancarmi l’aria. Faccio fatica a respirare ma sò che è una cosa normale per chi arriva qui. Mantengo la calma e mastico delle foglie di coca contenute in un cesto all’ingresso del piccolo aereoporto.
In albergo mi preparano subito del mate de coca. Una tisana ma con foglie di coca. Serve a far acclimatare l’organismo con l’altura. è buona, calda e devo dire che il suo effetto lo fà. Per tutta la mattinata rimango disorientato fisicamente ma poi pian piano inizio a respirare meglio.
Masticare foglie di coca e bere il mate è una tecnica naturale antica usata dagli Inca ma ancor prima dagli Aymara per sopravvivere a questa quota all’aria rarefatta delle Ande.
Nel pomeriggio esco con il mio zaino in esplorazione per le viette strette di Cuzco e me ne innamoro profondamente. Stradine srette, cielo azzurro, montagne che la circondano, colori dell’arcobaleno indossati dagli abitanti, muri di pietra antica, profumi di festa e tanta musica Andina.
Mi vengono incontro donne colorate con stretti sulle spalle come fossero zaini i propri bimbi, che vogliono vendermi braccialetti dipinti di vita quotidiana andina.

 

Mi muovo per le vie disorientato, un pò perchè non ho ancora superato il mal d’altura e un pò per la mia curiosità. Sono fortemente emozionato. Una sensazione mai provata prima per nesuna città del mondo..
La sera poi Cuzco si veste dei colori delle stelle e di luci regalate dalla Pachamama. (la madre terra)
Le stelle illuminano le stradine di ciottoli della vecchia capitale dell’impero Inca ed attuale capitale della cultura delle americhe.
Qui percepisco, dentro di me, un’incredibile energia,  mai provata prima.. Un richiamo, una voce, una musica proveniente dall’interno dell’ombelico e diretta nel mio io più profondo..
Mi sembra di essere un tuttuno con la città stessa. Mi sembra di essere parte di lei e lei di me. Sorrido, e persino gli oggetti mi sembrano aver vita propria. I sentieri mi parlano indicandomi dove devo andare. Impossibile smarrirsi perchè mi sento stretto mano nella mano da lei e mai lasciato solo. Percepisco una forza incredibile per affrontare questo viaggio e non solo.
Ora capisco perchè per gli Inca Cuzco era il centro dell’universo. Quest’oggi ho captato un’energia positiva incredibile, forse inumana, sovrannaturale che mi stà caricando dentro..
Questa sensazione la sto provando io ora, come un tempo la provavano loro.

 

15 agosto
– Valle sagrado-
Sono pronto per la prima escursione nella valle sacra degli Inca. E’ la valle del fiume Urubamba che attraversa le Ande vicino a Cuzco. Di buona mattina alle 8,00 salgo sul bus che mi porterà come da prima tappa alla cittadina Inca di Pisac. Sul bus stringo amicizia con un ragazzo brasiliano di nome Adhemar. Arrivato a Pisac rimango stregato dalla bellezza del sito archeologico.

 

Davanti ai miei occhi increduli appaiono una una serie di terrazzamenti antichi tipici della cultura Inca che a semicerchio scendono lungo la montagna. Intorno la vegetazione e un sentiero che ripercorre i passi fatti dai cittadini Inca per giungere alle loro abitazioni ancora esistenti situate un pò più in cima.
Seguo il sentiero rimaendo più volte incantato nell’osservare i mitici terrazzamenti. E’ la prima volta che li vedo dal vivo senza il filtro di una pagina di carta di un libro o dello schermo di una televisione. I terrazzamenti erano stati progettatti intelligentemente dagli Inca per poter praticare l’agricoltura su queste alte montagne. Coltivavano mais, patate ecc.. la dove sembra davvero impossibile..
Meravigliato faccio il giro del percorso spingendomi sempre più in alto giungendo davanti a vecchie rovine di abitazioni Inca. Qui conosco un secondo amico brasiliano anch’esso da solo di nome Diego. Con Adhemar e Diego nascerà una forte amicizia.
Come seconda tappa mi attende la magica cittadella di Ollantaytambo. E’ posta a circa 75 chilometri nord-est da Cuzco. Questa fortezza Inca il cui nome significa locanda di Ollantay (il nome di un guerriero) Fu una delle città dove Inca e spagnoli si sono batutti quando Manco Inca cercava di raggruppare la resistenza Inca dopo la disfatta di Cuzco.
Qui delle ripide scale si inerpicano sui terrazzamenti fino ad arrivare al cuore del tempio di cui restano solo le rovine.
Percorrendo i 250 gradini si ha la sensazione di tornare nel passato respirando l’odore della cultura Incaica. Ai piedi di questa fortezza si sviluppa una cittadina, stazione di partenza del treno, che porta ad Aguas Calientes, ultimo avamposto prima di salire a Machu Picchu.

Diario di Viaggio Perù – LIMA-

IL MIO PERU’
– Diario di viaggio-
Finalmente è arrivato il grande giorno. Sono pronto per partire per il mio primo viaggio in solitaria. Ho scelto il Perù perché per me vuol dire raggiungere “la meta dei miei sogni”. Questa terra rappresenta la storia della civiltà più affascinante di sempre. Gli Inca. Ahimè i conquistadores spagnoli con la loro invasione, hanno lasciato ben poco della cultura di questà civiltà. Ma la città di Cuzco e l’incredibile cittadella di Machu Picchu hanno ancora tanto da comunicarci compresa la loro incredibile energia.
Inoltre per la maggior parte del tempo sarò lassù tra le Ande accompagnato dal mio zaino, il mio amico fedele, e mischiare la mia sete di conoscenza della storia con la fame di avventura dei selvaggi sentieri delle foreste, dei fiumi, dei laghi e dei Canyon sudamericani rappresenta per me il massimo. Il mio viaggio durerà 20 giorni. Ve lo racconto..
………….
11- 12- 13 Agosto
….
– Partenza dall’Italia e arrivo a Lima. –
Parto da Milano Malpensa e faccio scalo a Barcellona. Riparto e atterro all’aereoporto di Lima di notte alle 00,30 ora locale peruviana del 12 agosto.
Li mi attende un’autista che mi porta in albergo. Sono molto stanco ma incuriosito cerco di osservare dall’auto il mio primo scorcio della capitale peruviana. Passo da quartieri non molto eleganti ma finalmente giungo a Miraflores uno dei quartieri turistici e sicuri di Lima. L’albergo è carino e la mia stanza molto umile e semplice. Cerco di addormentarmi, sono cotto, in aereo avrò dormito solo un’ora.

 

 

Mi sveglio alle 9,00 dormendo forse quattro ore. Apro gli occhi ma non connetto ancora bene. Stento a crederci ma sono in Perù…ce l’ho fatta! Mi faccio una doccia e scendo per fare Desajuno (colazione) Non è male! fette di torta, pane e marmellata succo di frutta. Cè anche il caffe ma non “espresso” però. Beh sempre meglio che niente.

Qui a Lima vive un mio caro amico, trasferitosi ormai più di tre anni fa. Si chiama Alberto e comunicando con lui dall’Italia, mi ha dato una grande mano per l’organizzazione del mio viaggio.
Lo avviso via messaggio del mio arrivo e mi faccio consigliare una zona tranquilla da visitare da solo. Mi consiglia di andare a Miraflores Larcomar o nel quartiere di Barranco. Ma da buon amico mi dice di tenere sempre gli occhi ben aperti. Qui siamo in sudamerica e perdersi finendo in qualche quartiere malfamato è un attimo.
La mia prima camminata solitaria per Lima è fantastica. Osservo la gente, i loro vestiti, i modi fare, le abitazioni, le loro automobli e i loro negozi. Mi guardo intorno incuriosito e affascinato. Arrivato a Larcomar con grande emozione vedo il primo elemento che mi fa capire definitivamente di essere in Perù: L’immenso Oceano Pacifico.
Bellissimo, enorme e si sente il forte rumore delle onde che si infrangono sulla spiaggia. Resto per un istante muto ad a osservarlo. Lo osservo dall’alto perché sotto i miei piedi un’altissima scogliera mantiene questa parte della città di Lima ad un’altezza superiore di circa un centinaio di metri sull’oceano. Quasi a protteggerla. Soffia un forte vento e i surfisti sulla spiagga ne gioiscono.

 

 

Nonostante qui è inverno non fa ne freddo ne caldo. Indosso una felpa.
I peruviani sono molto cordiali e gentili. Nel pomeriggio prendo un taxi e faccio una sorpresa ad Alberto raggiungendolo nel negozio dove lavora. Che bello rivederlo! ci abbracciamo.
Riprendo il taxi e dopo aver cenato torno in albergo. Sono troppo stanco a causa soprattutto del fuso orario e penso che tra due giorni inizierà il mio tour de force sulle Ande…Vado a dormire presto alle 21,00 crollo nel mondo dei sogni..
Ho dormito troppo quasi dieci ore, ma cosi facendo ho recuperato un pò di sonno causato dal jet leg!
Prendo il mio zaino ed esco in esplorazione per la città. Lima è una città caldissima sotto il profilo del traffico automobilistico. Sono tutti dei pazzi. Suonano in continuazione il clacson e non seguono nessuna regola, tutti cercano di superarsi a vicenda tagliandosi la strada. Non guardano i divieti ma almeno si fermano ai semafori rossi. La cosa strana è che i poliziotti non fanno nessuna multa e non fermano nessuno.
In compenso i tassisti sono simpaticissimi. Alcuni ballano mentre guidano con la musica latina dell’autoradio. Il trucco con loro è trattare sempre ogni corsa, se ti chiedono 20 soles tu gli dici che paghi 10 e cosi via..
lo stessa cosa la si fà nei negozi. Bisogna trattare tutto dall’acquisto di una maglietta bianca al più colorato dei maglioni d’alpaca. Solo nei ristoranti non si tratta.

 

 

Verso mezzogiorno incontro il mio amico Alberto con sua moglie Wendy e la loro piccola Luciana e mi portano a mangiare in un ristorante a buffet dove posso assaggiare quasi tutti i piatti tipici peruviani. Il cibo peruviano è buonissimo, una delle cucine più rinomate al mondo. Infatti rimango a bocca aperta.. ma poi beh, la chiudo per masticare! Si passa da buonissimi antipasti di zuppe a piatti a base di patate. Qui ne esistono più di trecento tipi. Poi il rocoto relleno, un grosso peperone piccante ripieno di carne e formaggio fuso. La palta a la reina un avocado con isalata russa. Anche il pesce è squisito! tra i piatti tipici il Pescado a la macho, la Chupe, e il Ceviche. Poi la carne con filetto di vitello, agnello o alpaca, il Lomo saltado, il Pollo Asado. Infine i dolci con il dulce de leche e il suspiro limeno. Questi sono solo alcuni dei piatti che ho assaggiato.
Prima però abbiamo iniziato con un buon bicchiere di Pisco Sur, un cocktail tipico del Perù.
Brindiamo a questo mio viaggio e al nostro incontro. In serata li saluto e orgogliosi mi fanno un grande in bocca al lupo per il viaggio che sto per intraprendere da solo sulle Ande. Sanno che sarà un tour de force avventuroso. Ma io sono pronto e domani ho l’aereo per Cuzco! la capitale dell’impero Inca.. Mi aspettaranno poi altre meraviglie tra cui il sogno della mia vita: Machu Picchu…

MAURITIUS e la sua anima – Diario di viaggio

Sarà stato solo un sogno, ma posso assicurarvi che al mio risveglio avevo ancora  la bocca spalancata dall’emozione mentre ripensavo a quello che avevo appena vissuto. Ricordo di essermi catapultato all’improvviso all’interno di un immenso giardino dell’eden. Banani ,palme, ibisco, frangipane e frutti tropicali coloravano l’intero paesaggio di profumi e colori estasiatici. Camminavo accaldato con indosso la mia canottiera e sulle spalle portavo uno zainetto mentre scimmiette e pappagalli rallegravano con la loro presenza la selvaggia natura incontaminata che mi circondava. Afferrai la mia macchina fotografica pronto per catturare con uno scatto i momenti più suggestivi.

 

Affascinato mi voltai , notando ampie distese di canna da zucchero , the e vaniglia che con il loro profumo mi condussero insieme alla deliziosa fragranza del fiore di frangipane, all’interno di un piccolo villaggio. Uomini e donne sorridenti banchettavano all’aperto con piatti piccanti speziati dai sapori forti. Quei caratteristici odori stuzzicarono in me l’appetito e per un attimo riuscirono addirittura  a farmi dimenticare il buon profumo di vaniglia e frangipane. Il sorriso di un uomo gentile, mi donò poggiando nelle mie mani un piatto contenente una squisita prelibatezza da assaggiare. Ma il richiamo di un delfino mi fece ricordare che dovevo proseguire la mia marcia fino al mare. Giunsi su una spiaggia di sabbia bianchissima che leggiadra si strofinava pungente sulla mia pelle abbronzata dal sole dei tropici.

 

Davanti ai miei occhi , uno spettacolo maestoso : l’mmensità dell’oceano indiano. Ma nonostante la sua grandezza, sapevo di essere protetto da un meraviglioso muro di coralli colorati che come una cinta circondavano quel giardino e la sua cristallina piscina salata. Nel frattempo qualche imponente onda oceanica in lontananza tentava invano di penetrare oltre la cinta, con il muro naturale della barriera corallina che potente le respingeva. Tranquillizzato e Innamorato dalla cristallinità di quell’acqua tiepida, mi tuffai nuotando tra delfini e tartarughe. Incontrai alcune specie di pesci che fin ora avevo visto solo negli acquari. Mi senti leggero, felice senza il peso dello stress della mia normale vita. Mi sembrava di volare immerso nel blu di quella parte calma e tranquilla dell’oceano. Poi di colpo iniziò a piovere. Era la classica nuvola di pioggia giornaliera che dall’alto bagnava l’intera isola. Era ora di tornare all’interno del giardino e andare a caccia dello scatto più bello e suggestivo da fare.

 

Alzando lo sguardo però, uno strano animale simile a una gallina mi fissò domandandomi: – Straniero, prosegui il tuo viaggio senza far del male a questa terra .-
Rimasi di sasso. Ma poi lo strano essere scomparì e senza dar molto peso alle sue parole continuai a camminare.
Il sentiero mi portò dritto verso un lago chiamato ” Gand Bassin” ” dove l’altissima statua del dio Shiva sorgeva impetuosa . Un pappagallo cinguettandomi nell’orecchio mi sussurrò che per la gente induista del posto il lago era sacro. Scrutando il lago e sulle sue sponde notai con grande fascino che vi sorgevano  numerosi templi induisti. – Ecco questo è un altro ottimo motivo per scattare una foto. –  pensai . Poi in silenzio entrai in un tempio rigorosamente a piedi scalzi .

 


Ma il pappagallo molto saggio mi consigliò di proseguire il mio cammino fino a “Chamarel ” promettendomi che li avrei trovato il più chimerico scatto fotografico che cercavo. Mi disse di proseguire dritto per qualche chilometro sopra il monte e poi ci sarebbe stata Tarta, una tartaruga gigante che mi avrebbe accompagnato a Chamalet. Lo ascoltai e poco dopo incontrati proprio Tarta. Era enorme ma gentile e mi disse di risalire sul monte ancora un po’ più in alto e che poi avrei assistito a uno spettacolo della natura unico al mondo. Sali più sopra arrivando a destinazione. Vidi qualcosa di unico al mondo. Rimasi immobile con la bocca spalancata. Ammirai una zona ricoperta da sette strati di sabbia ognuno di colore diverso (rosso, marrone, viola, verde, blu, porpora e giallo) Uno spettacolo naturale dato alla vita dai caldi raggi del sole contro la terra di origine vulcanica di quell’esclusivo luogo.

 

Altre tartarughe giganti che tranquille passeggiavano sopra quella fantastica terra colorata guardandomi perplesse mi domandarono : – Ma lo sai come si chiama questo posto? –
– No.- gli risposi
– Si chiama Terra dei sette colori . – mi risposero in coro pappagalli , tartarughe e quello strano animale simile a una gallina che avevo incontrato poco prima .  Presi la macchina fotografica e scattai una foto ad dir poco meravigliosa . Ma come in tutti i sogni venni sbalzato imprevedibilmente di nuovo in mare , dove un delfino mi trasportò su un isoletta incantevole chiamata ” L’isola dei Cervi”.
Una volta giunto sulla più piccola isoletta mi accorsi che il mare e la spiaggia sembravano ancora più cristallini . Con mio grande stupore osservai sotto riva, centinaia di stelle marine che garbate abitavano il cielo azzurro dell’oceano. Ne presi una in mano estraendola fuori dalla superfice dell’acqua.

Ma a quel punto lo strano essere somigliante una gallina appollaiato a riva tra le palme osservandomi esclamò – No straniero, le stelle marine non possono vivere se estratte fuori dall’acqua del mare .- Sbalordito e confuso rilasciai immediatamente la stella sommergersi nell’acqua .
A quel punto incuriosito gli domandai.
– Ma tu cosa sei? –
Lo strano essere apri le ali e con fare aggraziato mi rispose:
– Ma come non lo sai ? Sono l’anima dell’isola straniero..tutti mi chiamano DODO .-,

La commozione mi congelò il sangue . Caddi nell’acqua svenuto e privo di sensi .
Mi risvegliai nel mio letto ancora emozionato .
Avevo parlato con un animale estinto da secoli , nato e cresciuto soltanto su quell’isola paradisiaca e che a causa dell’invasione dell’uomo si era estinto per sempre .

L’isola di Mauritius è uno dei pochi paradisi terrestri rimasti che ho avuto la fortuna di visitare . Spero con tutto il cuore che l’anima del Dodo protegga quest’isola per sempre . Sarebbe bello pensare che un giorno il Dodo , possa tornare a giocare tra le canne da zucchero, nella vaniglia o sulla terra dei sette colori del vulcano . Sperare non costa niente , anche se in questo caso “sognare ” un suo ritorno sembra molto più logico .  Che dio benedica la natura e .. che dio punisca la cattiveria dell’uomo .

Alessandro Cusinato